lunedì 30 novembre 2009

La Federazione della Sinistra di Alternativa in Trentino


Dal sito di Rifondazione Comunista di Trento


Trento 30/11/2009

Mercoledì 2 dicembre, alle ore 16,00, presso la sede diRifondazione Comunista, a Trento in via Santa Margherita, 20, si terrà una conferenza stampa per illustrare il progetto della nascente Federazione della Sinistra che vedrà l’avvio di un processo di unità a sinistra di partiti, movimenti ed associazioni, alternativi all’attuale governo di centrodestra ealle sue politiche neoliberiste incapace di dare una risposta all’attuale crisieconomica, ma anche alternativi alla politica dell’attuale centro sinistra incapace di essere opposizione sociale, economica e politica e che spesso contraddittoriamente arriva ad avvallare le negatività dell’attuale governo.

Il progetto della Federazione della Sinistra vedrà impegnati il Partito della Rifondazione Comunista, il Partito dei Comunisti Italiani, Socialismo 2000, l’Associazione Lavoro e Solidarietà. Oltre a questi partiti aderiranno vari movimenti di ispirazione ambientalista ed associazioni impegnate nella difesa dei diritti, della parità di genere e di orientamentosessuale.

E’ necessario dare una svolta alla storia della sinistra di questi ultimi anni, dove politiche miopi, per non dire scellerate hanno provocato una serie di scissioni ed un allontanamento progressivo degli storici ceti sociali di riferimento.

Si vuole dare una risposta disinistra alla gravissima crisi che sta attanagliando l’Italia ed il suo sistema economico di riferimento.

Si sta facendo pagare la crisi ai lavoratori, alle migliaia di disoccupati, ai pensionati, ai precari, agli studenti, ma anche agli artigiani ed ai piccoli commercianti. Questi saranno inostri settori di riferimento, a loro una risposta è dovuta, fatta non delle solite parole ma di proposte ed atti concreti.

Una fondamentale attenzione sarà rivolta anche ai problemi ambientali generati sempre più da un sistema che in nome del profitto sta distruggendo il nostro ambiente. La Federazione dovrà essere la svolta per la sinistra, deve nascere una sinistra capace di gestire il conflitto sociale, capace di una proposta alternativa ad un sistema dipotere mafioso e fascista che sta mettendo in ginocchio l’Italia. Sarà una sinistra che riparte dal basso dal cittadino, senza soluzioni di vertice e politiciste. Partirà dai bisogni reali di esseri umani da troppo tempo tenuti lontano dalle decisioni e che hanno subito negli anni decurtazioni di salari, di diritti, della capacità e della possibilità di incidere nella società.

RELATORI:

Franco Porta (segr. prov. PRC)

Giuliano Pantano (segr. prov. PdCI)

Mirko Carotta (PdCI)

Paolo Vitti (PRC)

David Lira (PRC)

domenica 29 novembre 2009

Intervista al segretario PRC Paolo Ferrero


Da Liberazione di domenica 29 novembre.


Dino Greco
Cosimo Rossi

Due coordinate luminescenti: “Invertire la coazione a ripetere le divisioni, rottamando il circuito che per 15 anni ha macinato la sinistra fino a provocarne la completa inattendibilità, e riposizionare esplicitamente il proprio baricentro nel conflitto sociale, che è un punto di riferimento decisivo”. Per Paolo Ferrero è attraverso questi due assi che dal prossimo sabato mattina deve incamminarsi la Federazione della sinistra, in quanto “principale bacino di coltura” attraverso cui dare consistenza a quella “massa critica” intesa a “mettere insieme tutti quanti sono disponibili a realizzare una sinistra autonoma, indipendente e strategicamente alternativa rispetto al Pd”.
E in quest’ottica il segretario del Prc considera “estremamente positiva” la partecipazione nel pomeriggio al No B day in cui si produco “spazi virtuali e forme di aggregazione che costruiscono coscienza”. Ovvero “lo spazio pubblico” di opposizione alla destra che è anche spazio abito da frammenti di progetto di alternativa.

D. Il “No B day” del prossimo sabato pomeriggio, può intendersi come una sorta di corollario, e insieme di verifica di piazza, dell’avvio del processo di Federazione della Sinistra e della sua sfida alla sinistra moderata del Pd?
R. Silvio Berlusconi è tendenzialmente un fascista, in quanto ha una concezione fascista del potere. Contro questo atteggiamento occorre realizzare una grande mobilitazione democratica. Per questo il 5 dicembre siamo in piazza con il No B day. E in questo senso sbaglia il Pd a non cogliere l’opportunità e la necessità di questa battaglia diretta nei confronti di Berlusconi in persona, per ciò che egli incarna simbolicamente. Così come, allo stesso tempo, bisogna far crescere i conflitti sociali sui punti di fondo, dalle questioni del lavoro in avanti, in quanto la forza del premier è quella di riuscire puntualmente a cambiare il terreno di discussione e far discutere di sé anziché dei problemi del paese. Invece dovrebbe rispondere riguardo ai problemi del paese rispetto ai quali non è in grado di produrre nessuna soluzione.

D. D’altra parte Berlusconi preferisce delineare scenari da “guerra civile”, che sarebbe frutto del complotto della magistratura insieme a parte dei suoi stessi alleati. In quest’ottica pensi che la minaccia di elezioni anticipate sia concreta o solo virtuale?
R. Francamente penso che si tratti più che altro di una minaccia. Non mi sembra che Berlusconi abbia veramente la forza per realizzare una tale spallata: non è d'accordo LA Lega che vuole finire l'iter dei decreti sul federalismo fiscale, non è schierata in quest’ottica la grande stampa e nemmeno Confindustria. Senza contare che sciogliere le camere è comunque una prerogativa del capo dello stato. Penso però che Berlusconi possa andare alle elezioni nel caso in cui si trovi davvero con le spalle al muro: per rivincerle e avere una maggioranza tale da mettere mano a ogni cosa, Costituzione compresa. Di conseguenza No B day e ripresa delle lotte sociali sono tutti interventi per arginare il tentativo berlusconiano di far saltare il banco e arrivare alle elezioni, così da poter poi cambiare la Costituzione col pugno di ferro, liquidare gli avversari e normalizzare gli alleati…

D. E nell’eventualità in cui il cavaliere provocasse le elezioni, le forze di opposizione, nelle loro differenti articolazioni, in che modo dovrebbero comportarsi per contrastare il disegno berlusconiano?
R. Sulla base del rischio di una torsione autoritaria connaturata al tentativo berlusconiano, noi sosteniamo anche l’esigenza di un accordo democratico tra tutte le forze di opposizione fondato sulla difesa della Costituzione: un accordo che permetta di battere Berlusconi e di modificare la legge elettorale, nel senso di un superamento del bipolarismo con una legge elettorale alla tedesca di matrice proporzionale.

D. Il No B day è nato soprattutto attraverso il tam tam sul web a cui ha aderito la Federazione della Sinistra e l'Idv. Ad oggi si profila giorno dopo giorno come una grande manifestazione. Rifondazione come pensa di capitalizzare la relazione con questo universo di forze in gran parte nuove e giovanili?
R. Secondo me intanto va segnato punto estremamente positivo: cioè il fatto che come Federazione di sinistra abbiamo avuto la prontezza e l’intelligenza di riconoscere questo protagonismo del popolo della rete e di aderire immediatamente alla manifestazione senz’altra pretesa. Le altre forze che hanno aderito, e non senza polemiche, lo han fatto tutte 10, 15 giorni dopo. Sono dunque molto felice di questa prontezza del partito nel mettersi subito in relazione con un fenomeno nato al di fuori di esso. Questa volta siamo arrivati in tempo e in forze all’appuntamento.

D. Di qui, come proseguire?
R. Penso che intanto ci sia il tema relativo a come si sta dentro la rete, producendo spazi virtuali e forme di aggregazione che costruiscano coscienza. Oggi, inoltre, nessuno è più in grado di fare da catalizzatore dell'opposizione in quanto tale: il che significa che dobbiamo concepire e realizzare sempre di più l’opposizione come una rete di relazioni tra soggetti politici e sociali, associazioni, aggregazioni spontanee. E' questa una evoluzione che dobbiamo avere della nozione di internità ai movimenti che abbiamo attuato a Genova.

D. Luigi De Magistris, intervistato da Liberazione, definisce il Prc come fondamentale per la costruzione di un’alternativa al berlusconismo. Pensi che da parte dell’Idv ci sia un effettivo accostamento ai temi sociali?
R. Nella semplificazione dello scontro del basso contro l’alto, che caratterizza la situazione italiana, l’Idv tende a coprire qualsiasi cosa si muova dal basso. In questo senso abbiamo oggettive convergenze o se volete una concorrenza sullo stesso terreno. Detto questo la cultura, le pratiche politiche e gli obiettivi dell’Idv sono molto differenti dai nostri: si presenta come forma di populismo di sinistra, a differenza di quello di destra proprio di Berlusconi. La possibile convergenza sulla pratica non toglie quindi una prospettiva strategica completamente diversa.

D. Pensi che quello dell’Idv verso le tematiche sociali sia uno spostamento strutturale?
R. Questo lo vedremo. Perché quando Di Pietro è stato al governo con Prodi ha rappresentato la destra: dalle questioni ambientali, a quelle del lavoro, ai diritti civili e il boicottaggio della commissione di inchiesta sul G8 di Genova. In Europa, poi, stanno nel gruppo liberal-democratico, che è a destra della Cdu. Al momento non è una collocazione stabile. Ma di sicuro oggi stanno facendo l’opposizione con caratteristiche diverse. Quindi noi ci troviamo con elementi di convergenza e, laddove si può, sono per fare le cose insieme, perché penso che questa opposizione vada rafforzata.

D. Questo mentre il Pd al momento si distingue per un immobilismo quasi supino…
R. Sì, ad oggi indubbiamente è così. Il profilo politico del Pd sui nodi di fondo continua ad essere completamente irrisolto e non ha una iniziativa tale da mettere in difficoltà l’azione del governo di destra.

D. Il governo risulta assolutamente incapace di contrastare gli effetti della crisi, reagendo anzi in modo repressivo. D’altra parte, il problema dell’unificazione delle lotte continua a non trovare risposta adeguata. Avendo più volte sostenuto che una svolta politica è davvero possibile solo marciando sul solco e al fianco dei movimenti sociali, cosa pensi di questo deficit di unità della lotte?
R. A me pare che ci sia un deficit su due piani. Uno è quello sindacale. La Cgil pur avendo fato alcune cose buone non ha una pratica neanche lontanamente prossima alla necessità. Per cui hai la gente colpita che è furibonda, mentre quelli che non sono immediatamente colpiti formano solo opinione pubblica. Una situazione così chiede la costruzione di un movimento politico di massa. Chiede cioè l’attivazione di un tessuto militante quotidiano, città per città, territorio per territorio, che determini una condizione diversa nell’agenda sociale delle persone, nella loro quotidianità e nella loro vita.

D. Tuttavia non ti pare evidente l’affanno della Cgil riguardo alla definizione e l’attuazione di una piattaforma unitaria?
R. La piattaforma ci sarebbe. Ma, per questioni di malriposto rispetto verso il potere e di relazioni politiche, non si produce una connessione tra quella piattaforma e l’azione concreta.

D. Perché? Per una sorta di deferenza verso il centrosinistra politico?
R. No, più precisamente per relazioni con Confindustria e per relazioni col Pd. Perché a Corso d’Italia pensano che il governo sia il nemico e che quindi gli alleati siano la Confindustria e il Pd. Quindi Epifani parla come un commentatore politico, in tv o sui giornali, ma non c’è una consequenzialità nell’azione politica. A questo si aggiunge il problema politico: mi sembra cioè che tra Pd e Pdl siamo al bon ton: anziché porsi di fronte al fatto che c’è un governo di destra che realizza una politica classista, siamo appunto al duello in punta di fioretto. Quindi non c’è l’opposizione politica. E quella di Di Pietro è un’opposizione urlata, non ha un impianto di ragionamento alternativo. Ciò rende tutto complicato, in quanto fa sì che le lotte tendano a rimanere separate, venendo a mancare un orizzonte sia di lotta che di prospettiva. Ed è qui che entriamo in ballo noi.

D. E in che modo?
R. Innestando sul disagio generato dalla crisi e sul lavoro sociale anche una massa critica sul piano politico: una massa critica che renda credibile un progetto di alternativa e di rovesciamento del liberismo, ma anche le parole d’ordine di lotta che permettano di unificare le forze e incidere nell’organizzazione del conflitto. La Federazione della sinistra è il bacino di coltura questa massa critica.

D. Cioè?
R: La federazione è l’idea di mettere insieme tutti quanti sono disponibili a realizzare una sinistra autonoma, indipendente e strategicamente alternativa rispetto al Pd, cioè alla sinistra moderata e social liberista: nella consapevolezza che non solo il liberismo è fallimentare e dispotico ma anche che la socialdemocrazia è defunta. Si tratta perciò del tentativo rottamare una volta per tutte l’automatismo che per 15 anni ha macinato ininterrottamente la sinistra fino a provocarne l’assoluta inattendibilità. In altre parole, la Federazione secondo me si sviluppa lungo due assi, che esplicitano due precise intenzioni: e cioè farla finita una volta per tutte con la coazione a ripetere divisioni successive fino a quella dell’atomo e riposizionare chiaramente il proprio baricentro nel conflitto di classe, che è un punto decisivo ed è ora di smettere di sminuirlo. Vogliamo provare a realizzare la Federazione attraverso queste due coordinate.

D. In questo senso è plausibile anche riannodare il rapporto con la sinistra diffusa, dei comitati, nonché con l’astensionismo cresciuto nell’ultimo decennio anche come atteggiamento punitivo verso le sinistre?
R. Ovviamente si. Il progetto della Federazione nasce da quattro forze che lo hanno promosso ma non è per nulla chiuso a queste quattro forze. I promotori vogliono essere coloro che rendono possibile un processo, che lo promuovono, con l’obiettivo di allargare con la logica del figliol prodigo.

D. Con quali regole?
R. Un meccanismo molto banale: nessuna forza può avere più del 50 per cento e ogni decisione deve essere assunta a maggioranza di due terzi. Appunto perché l’idea è quella di lavorare ad allargare. Sabato parte il percorso costituente attraverso cui ci si potrà tesserare alla federazione, oppure ai partiti, o potranno aderire gruppi o associazioni in quanto tali: per arrivare allo svolgimento di un congresso costitutivo nel 2010 in cui varrà il principio “una testa un voto”.

D. Col che il Prc, come un singolo movimento o collettivo, continueranno tutti a vivere delle proprie libere elaborazioni e legittime aspirazioni al di là di quanto realizzeranno nel territorio comune della federazione.
R. Ovviamente, come abbiamo detto a Chianciano Rifondazione vive per l'oggi e per il domani. La questione a me pare abbastanza semplice. E’ evidente, per esempio che la federazione dovrà assolvere al ruolo istituzionale, che ci si propone di andare insieme alle elezioni. Questo esalta il ruolo del nostro partito che avrà molto più da fare sul piano delle relazioni sociali e della costruzione di cultura politica adeguata alla prospettiva della rifondazione comunista. La Federazione E’ la costruzione di uno spazio pubblico di dibattito e azione politica: tu non è che ti dilegui nello spazio pubblico, lo abiti.

giovedì 26 novembre 2009

Sabato 28/11 dalle 10 alle 12 saremo in piazza del Municipio a Pergine Valsugana: chi è disponibile a partecipare a volantinaggi e raccolta adesioni é benvenuto.

Il Partito della Rifondazione Comunista Pergine organizza un pullmann per la trasferta a Roma. La partenza è prevista alle ore 5:30 da piazzale Zuffo di Trento.
Chiunque volesse partecipare è pregato di inviare la propria adesione alla mail della segreteria ( federazione@prc.tn.it oppure bengiu31@gmail.com) o telefonare al nostro responsabile organizzativo MATTEO MOSNA 320/1130873 oppure direttamente di persona questo sabato.

mercoledì 18 novembre 2009

NO-B DAY


Il Partito della Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti Italiani, insieme alla sezione di Trento d'Italia dei Valori, sta organizzando un servizio pullmann per la trasferta a Roma.

Chiunque volesse partecipare è pregato di inviare la propria pre-adesione alla mail della segreteria (federazione@prc.tn.it oppure bengiu31@gmail.com) o telefonare ai numeri 0461984156 o 3382880576; costi e modalità saranno comunicati nel corso della prossima settimana.

Chiediamo la mobilitazione e la partecipazione massima di tutti i compagni e simpatizzanti. E' l'ora di mandare questo governo a casa e dobbiamo cominciare proprio dal giorno 5 dicembre dando un segnale di forza e di unità.

La presenza di Rifondazione e dei Comunisti Italiani deve essere determinante. In tutta Italia il partito è in crescita ed anche noi in Trentino dobbiamo fare la nostra parte. E' in gioco la libertà, la democrazia, il futuro dei ceti sociali più deboli che sono quelli che più di tutti stanno pagando una crisi di sistema non voluta dai lavoratori.

Vi attendiamo numerosi, per dire basta al governo di centro destra, per dire basta al fascismo strisciante che si è impadronito dell'Italia.

Saluti fraterni a tutti.

Francesco Porta - Segretario Provinciale del PRC
Paolo Vitti - Responsabile Provinciale Organizzativo


"IDV e PRC pilastri di una vera alternativa al berlusconismo"

Da Liberazione di mercoledì 18 novembre 2009, intervista a Luigi De Magistris
Dino Greco Cosimo Rossi

«Sono convinto che Idv e Prc siano due pilastri fondamentali della vera alternativa al berlusconismo». Per Luigi De Magistris la convergenza realizzata sul "No B day" è destinata «a svilupparsi» nella prospettiva delle regionali e della costruzione dell'alternativa alla destra.
L'ex pm, eurodeputato indipendente dell'Idv, considera infatti l'appuntamento del 5 dicembre una scommessa «importante», in quanto «realizza un incontro tra web, piazza, forze politiche e sociali, movimenti contro il disegno autoritario di Berlusconi». E considera «un errore» la mancata adesione da parte del Pd.

In questo momento della vita del paese il principio secondo cui la legge è al di sopra degli uomini risulta completamente capovolto, in quanto un uomo, Berlusconi, si pone al di sopra della legge. C'è un elemento di continuità nella sua scelta di passare dalla toga al parlamento europeo?
Se non ci fossero stati provvedimenti nei miei riguardi, io avrei voluto continuare a fare il magistrato, il lavoro che ho sempre sognato. Dimettermi mi è costato un profondo dolore. Ciò premesso, la bussola rimane la stessa. E da questo punto di vista riconosco che la politica è il terreno principe per realizzare davvero la trasformazione sociale: diritti e giustizia, secondo me, sono l'aspetto centrale di questa azione politica. Credo che l'architrave di un programma politico debba essere non solo la difesa della Costituzione, ma la sua concreta attuazione.


Ad esempio, in quali ambiti?
A cominciare dall'articolo 1: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Ebbene: il lavoro ancora oggi molti non ce l'hanno, per altri è precario, molti lo perdono, altri ancora lo hanno ma come privilegio o raccomandazione. Eppoi l'articolo 3, in tutti i suoi aspetti. Abbiamo discusso per mesi del lodo Alfano, quando l'art. 3 è chiarissimo nell'affermare che la legge è uguale per tutti. Ma penso anche alla sua seconda parte, cioè l'uguaglianza senza distinzioni o condizioni. E soprattutto alla terza parte, secondo cui è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli che di fatto rendono i cittadini diseguali. Non si possano risolvere le questioni italiane per via giudiziaria. Un'alternativa programmatica di centrosinistra può prendere corpo proprio a partire dall'attuazione della Costituzione.

L'altra faccia della via giudiziaria è la ciclica riproposizione del dialogo sulle riforme costituzionali…
Sono convinto che con Berlusconi non si possa aprire nessun dialogo politico e istituzionale. Perché Berlusconi, e i centri di potere di matrice piduista a lui vicini, hanno un obiettivo: annientare la democrazia come si è intesa finora; un presidenzialismo populista; l'eliminazione di tutti i contrappesi costituzionali o un loro fortissimo condizionamento; un substrato culturale a questo regime attraverso lo smantellamento della scuola, dell'università e della ricerca pubbliche; l'aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, attraverso l'incremento del divario tra una borghesia mafiosa sempre più ricca e i due terzi della popolazione sempre più indigente. Questo è il futuro del berlusconismo. Che è già ora.
Perciò la manifestazione del 5 dicembre è molto importante. Innanzitutto perché legittima sul piano politico il mondo della rete, che è riduttivo considerare solo virtuale, in quanto dietro ogni pc c'è un essere umano. In secondo luogo perché realizza un incontro tra web, piazza, forze politiche e sociali, movimenti contro quel disegno autoritario che può perdurare oltre Berlusconi.
Il fatto che il Pd non aderisca adducendo per motivazione che esso le manifestazioni le promuove, mi sembra una questione di lana caprina. Si tratta, invece, di una grande occasione. Così, tra l'altro, si diraderebbero quelle nebbie in cui può mimetizzarsi chi nel Pd pensa si possa ancora inciuciare con Berlusconi.

L'incontro tra Idv e Prc a partire da questo 5 dicembre è da considerarsi episodico o può avere ulteriori sviluppi?
Io sono convinto che Idv e Prc siano due pilastri fondamentali della vera alternativa al berlusconismo. Dico vera perché si sta profilando anche un'alternativa apparente, ovvero il riposizionamento di una parte di poteri forti, gerarchie ecclesiastiche, Fini, Casini, Rutelli e non escluderei anche parte dell'Idv. Esso muove dal fatto che Berlusconi sta diventando sempre meno presentabile. Ma non si tratta certo di un'alternativa. Io invece voglio un'alternativa vera, di cui ritengo che Idv e Prc siano elementi essenziali.

A questo proposito un tema cruciale riguarda il bipolarismo e il suo sfociare in velleità bipartitista. Questo non ha prodotto un isterilimento della democrazia? E non occorre recuperare un'ispirazione proporzionale che consenta un'effettiva rappresentanza della volontà popolare?
In democrazia i voti sono sostanza e fa specie che tre milioni di cittadini non abbiano rappresentanza formale. Per un certo periodo si è pensato, anche in buona fede, di mutuare il sistema anglosassone, ma non va bene per l'Italia. E men che mai va bene il bipartitismo, che ha solo favorito operazioni di vertice: come la fusione tra Ds e Margherita, col risultato che adesso Rutelli se ne va, o il partito personale di Berlusconi, dove pure il dominio del cavaliere comincia a esser mal sopportato. Perciò si può tornare a una base proporzionale: il sistema tedesco mi sembra il più equilibrato. Un tasso di semplificazione tuttavia è necessario: uno sbarramento non troppo elevato che sia stimolo all'aggregazione.

Siamo all'antivigilia delle elezioni regionali. Si possono dire da subito le discriminanti per le coalizioni: cioè con chi, contro chi e per che cosa?
La mia opinione è che alle regionali si debba sperimentare il laboratorio politico del centrosinistra, che abbia come cardini la questione morale e un modello culturale radicalmente alternativo non solo a Berlusconi ma anche al sistema consociativo di potere che ha visto il Pd essere speculare al Pdl.

Con chi?
Non c'è dubbio che in primo luogo venga il Pd: sia per consistenza, sia perché non si può negare che sia l'architrave di un'alternativa. Però gli si chiedono messaggi chiari, in quanto nella sua azione di governo, specialmente al sud, è stato investito dal consociativismo e dalla questione morale; benché nessuno possa chiamarsi fuori, nemmeno l'Idv. Le altre forze a cui mi riferisco sono l'Idv, il Prc, Sinistra e libertà e, io credo, i radicali. Insieme a un modo nuovo di fare politica, attraverso un'apertura effettiva non solo al mondo del web, ma all'associazionismo, ai movimenti, a tutto quel mondo della cultura ritiratosi in disparte ma pronto a tornare protagonista.
Il nodo più delicato è l'Udc. Personalmente stento a considerarla parte di questo laboratorio politico. Altro sono le alleanze che si possono realizzare nei singoli territori. Ma quella cui aspiro è finalmente un'alternativa politica seria. E con l'Udc francamente non la vedo. Troppa differenza di valori: sullo stato confessionale, sul rapporto col Vaticano, sulla giustizia, sul rapporto coi poteri forti.

In Italia l'alternativa a Berlusconi al momento è comunque minoranza. Già dall'indomani del 5 dicembre, come agire nel senso di un allargamento della democrazia e della partecipazione?
E' vero che nel paese siamo minoranza, ma una minoranza molto forte. Va collettivizzato il dissenso, va organizzato, va creato un patto forte tra chi ha la rappresentanza politico istituzionale e la democrazia partecipativa. Credo che le forze politiche del centrosinistra siano arretrate rispetto alla spinta che viene dal basso. In questo senso le primarie mi trovano in linea di principio favorevole, oggi però sognerei un centrosinistra che si riunisca intorno a un tavolo e riesca a individuare profili e personalità di altissimo valore culturale e morale in grado di mettere tutti d'accordo e su cui puntare per la riscossa fin dalle regionali.

Veniamo all'Idv. Il partito sta progressivamente assumendo una caratterizzazione più sociale. Ma non senza contraddizioni. Come si può, ad esempio, condurre una battaglia contro la precarietà in Italia e al contempo sedere in Europa sugli stessi banchi di Fritz Bolkenstein?
Innanzitutto, la posizione su queste battaglie è quella che sosteniamo in Italia. In Europa, tuttavia, l'Idv ha una collocazione soddisfacente nel gruppo liberal-democratico, perché gode di un'assoluta autonomia sui temi dello stato sociale di diritto, per cui capita che noi votiamo gli emendamenti del Gue o dei Verdi.

L'Idv ha sostenuto che la missione in Afghanistan abbia esaurito i propri compiti, tuttavia ne ha poi votato il rifinanziamento. La contraddizione è palese. Non sarebbe invece necessario riaprire una discussione sull'articolo 11 della Costituzione?
L'articolo 11 è stato violato troppo spesso. Sono assolutamente convinto che la politica estera debba essere uno dei punti centrali dell'alternativa al centrodestra e che l'Italia sia scomparsa da anni dalla scena in materia di politica estera. Penso, per esempio, al ruolo che può avere nello scacchiere mediorientale. Tra breve andrò a Gaza. Perché nei giorni scorsi abbiamo fatto una bellissima celebrazione della caduta del muro di Berlino, ma nello stesso tempo abbiamo un muro innalzato Israele e la chiusura dei corridoi umanitari per Gaza, anche dalla frontiera con l'Egitto. L'Italia deve tornare protagonista. Ma non può esserlo con il governo Berlusconi che pensa solo a fare gli accordi con Gheddafi per costruire i lager per i migranti. Quanto poi all'Afghanistan, penso si debba chiudere con questa che non è una missione di pace. E che l'alternativa di governo debba disporsi a partecipare esclusivamente a missioni sotto l'egida dell'Onu, e non missioni Nato o di altro tipo che violano la Costituzione.

L'Idv nasce intorno alla leadership esclusiva Di Pietro. Da allora si è avviato un processo di trasformazione verso un'organizzazione democratica della vita interna oppure rimane dominante l'impronta leaderistica?
Io sono fermamente convinto che le espressioni leaderistiche in generale siano sbagliate. Lo dico guardando non a Di Pietro, ma a me stesso. Penso che l'Idv si trovi adesso in uno dei momenti più delicati, anche per le differenti sensibilità che sono entrate, per l'accresciuta attenzione sulle questioni sociali e via dicendo. Sono preoccupato solo di una cosa: non vorrei cioè che l'Idv diventasse una nuova Dc attraverso i signori delle tessere. Vorrei un partito come lo sognano molti elettori: un partito destrutturato, con una classe dirigente ampia, in collegamento con la rete e i movimenti, che sia aperto a storie e sensibilità differenti e forti, dove si intenda la politica come strumento dell'interesse generale.

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lunedì, 16 novembre 2009

Il muro e noi

Novembre 8, 2009

editoriale da Liberazione di domenica 8 e lunedì 9 novembre 2009

Il 9 novembre, 20 anni fa, cadeva il muro di Berlino. In quell’elemento simbolico è racchiusa la fine di un regime socialista in cui – nella migliore delle ipotesi - la giustizia sociale era contrapposta alla libertà. In questa incapacità di coniugare libertà e giustizia sta al fondo il fallimento del tentativo novecentesco di transizione al socialismo. Noi che siamo nipoti della lotta partigiana – quante lapidi ci sono nel nostro paese su cui sta scritto “morto per la libertà” - abbiamo salutato positivamente la caduta del muro. Il socialismo senza la libertà semplicemente non è socialismo: è un tentativo di andare oltre il capitalismo che ha imboccato la strada sbagliata ed è abortito. Così non poteva andare avanti e così non si andava da nessuna parte. Senza libertà nessun socialismo. Giusto quindi picconare il muro e bene che il muro sia caduto; bene che i dirigenti della DDR abbiano scelto di non sparare, preferendo perdere il potere piuttosto che cercare di mantenerlo con una strage.

Nel mondo la caduta del muro è stata salutata come la vittoria della libertà sulla barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio per la storia del mondo basato sulla libertà e la cooperazione. Sappiamo che non è andata così. Gli stati Uniti hanno colto l’occasione della sconfitta del nemico storico per rilanciare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso da questo passaggio l’abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia, quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l’occasione per dire che eravamo alla fine della storia. Marx aveva speso la vita e scritto migliaia di pagine per dire che il capitalismo non era un fenomeno naturale ma bensì un modo di produzione storicamente determinato e quindi superabile. La caduta del muro è stata usata per “rinaturalizzare” il capitalismo, per affermare su scala globale che viviamo nel migliore dei mondi possibili; per affermare che essendo il capitalismo naturale, ogni tentativo di superarlo diventa un atto “contro natura” e in quanto tale barbarico. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da questo unico grande messaggio, trasmesso a reti unificate dal complesso dei mass media e da tutte le forme di produzione culturale, cioè di costruzione dell’immaginario individuale e collettivo, a partire dall’industria cinematografica. La caduta del muro è stato l’evento simbolico che ha permesso di costruire una grande narrazione che ha rilegittimato completamente il capitalismo. Kennedy non è più il presidente dell’escalation della guerra di aggressione al Viet Nam o l’aggressore di Cuba con l’avventura della Baia dei Porci. Kennedy è celebrato come il paladino della libertà e il suo discorso berlinese ne è il suggello. Dietro il paravento della libertà, sono riapparse, anche in occidente, incredibili differenze sociali e livelli di sfruttamento del lavoro che pensavamo seppelliti per sempre dopo le lotte degli anni ‘70. Nella vulgata la libertà d’impresa è diventata il presupposto della libertà dei popoli. Questa completa rilegittimazione del capitalismo ha un sapore mortifero di falsa coscienza: Che Israele costruisca muri per imporre l’apartheid in Palestina e che gli Stati Uniti costruiscano muri per impedire l’immigrazione dal Messico non fa più problema. Ogni muro è diventato lecito per l’impero del bene. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni maggiori che in altri paesi in virtù della proposta di Achille Occhetto – accolta dalla maggioranza del suo partito - di sciogliere il PCI in nome di questo nuovo inizio, appiattendo così tutta la storia del movimento comunista italiano sul fallimento del socialismo reale. La storia del nostro paese è stata integralmente riscritta, la lotta partigiana è stata denigrata nel suo valore simbolico di rinascita della nazione e così si è aperta la strada all’aggressione della Costituzione. La cancellazione della memoria del paese e la sua ricostruzione fatta dai vincitori ha sdoganato ideologie razziste e comportamenti xenofobi che pensavamo definitivamente finiti nella pattumiera della storia dopo la barbarie nazista.

Il fascismo, lungi dal presentarsi come una parentesi della storia patria, si evidenzia sempre più come una delle possibilità inscritte nel sovversivismo delle classi dirigenti di un paese che – come sottolineava Gramsci - non ha vissuto la riforma protestante e il cui risorgimento non è stato fenomeno di popolo ma di ristrette elite. La democrazia e la stessa costruzione di un etica pubblica in questo paese è concretamente il frutto delle lotte del movimento operaio, socialista e comunista. La loro disgregazione apre la strada a populismi di tutti i tipi, di destra come di sinistra.
In questo imbarbarimento del costume e dei rapporti sociali nel nostro paese e nel mondo vediamo confermata quotidianamente non solo la possibilità ma la necessità di battersi per superare il capitalismo.

In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto positivo e necessario, da festeggiare, ma non costituisce di per se un nuovo inizio per l’umanità. E’ stato anzi l’evento utilizzato per costruire un nuovo inizio e una nuova rilegittimazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della guerra. Mi pare che questa sia anche la consapevolezza dei compagni e delle compagne della Linke: nessuno propone di tornare a prima ma nella Germania riunificata occorre organizzarsi e lottare – all’Est come all’Ovest - contro il capitalismo e la guerra, per costruire un socialismo democratico.
Fuori da questa comprensione dialettica della positività della caduta del muro e della chiara consapevolezza che questo non segna nessun nuovo inizio, non esiste nessuna possibilità di porsi oggi il tema della trasformazione sociale e del superamento del capitalismo. Fuori da questa comprensione dialettica possiamo solo diventare anticomunisti o far finta che i regimi dell’Est non abbiano fallito nel tentativo di costruzione del socialismo. Il pentitismo e la nostalgia indulgente sono i rischi che abbiamo dinnanzi a noi: nella loro apparente opposizione rappresentano in realtà la completa negazione della possibilità di lottare per il socialismo, per una società di liberi e di eguali.

Da questa comprensione dialettica della caduta del muro scaturisce la nostra scelta della rifondazione comunista.
Dopo il fallimento del tentativo di fuoriuscita dal capitalismo che ha dato luogo ai regimi dell’Est non basta definirsi comunisti: occorre porsi l’obiettivo teorico, politico ed etico della rifondazione del comunismo e dell’antropologia dei comunisti e delle comuniste. L’obiettivo cioè di superare il capitalismo coniugando libertà e giustizia. L’utilizzo di due parole – rifondazione comunista - anziché una per definirci non è un lusso o una complicazione: è il modo più corretto per esprimere oggi il nostro progetto politico, in cui sappiamo dove vogliamo andare e sappiamo cosa non dobbiamo rifare. Il comunismo dopo il novecento è uscito dalla fase dell’innocenza. Compito nostro è farlo diventare adulto ed è un compito per cui val la pena spendere la vita.

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RENDITE FINANZIARIE, OTTIMA LA PROPOSTA BROWN. FARLO ANCHE IN ITALIA.

Novembre 7, 2009

Il primo ministro inglese Brown propone di tassare le rendite finanziarie per “rendere le banche più responsabili”. Proporre una misura del genere in Italia equivale a essere presi per pazzi oppure, appunto, per comunisti, quando invece è molto chiaro che solo una misura del genere, insieme all’introduzione della patrimoniale e ad un sistema di imposte veramente progressive sui redditi, sarebbe davvero utile per reperire risorse, finanziare lo Stato sociale e combattere le diseguaglianze sempre più evidenti all’interno della nostra società.

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PD, AUGURI DI BUON LAVORO A BERSANI E BINDI.

Novembre 7, 2009

Faccio i migliori auguri di buon lavoro al neo-eletto segretario del Pd Pierluigi Bersani, alla sua segreteria, al suo staff e alla neo eletta presidente del Pd Rosy Bindi.

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ACQUA, PARLAMENTO RITIRI DECRETO SULLA PRIVATIZZAZIONE ACQUA BENE PUBBLICO IMPRESCINDIBILE. PRC IN PRIMA FILA IN LOTTE IN SUA DIFESA

Novembre 7, 2009

Come Rifondazione comunista aderiamo pienamente all’appello lanciato dal Forum italliano dei movimenti per l’acqua che ha chiesto al Parlamento italiano di ritirare il decreto, approvato l’altro giorno dal Senato della Repubblica, di conversione in legge dell’articolo 15 del decreto legge 135, decreto con il quale si privatizza l’acqua in tutt’Italia.

La difesa dell’acqua come bene comune è stata una delle batrtaglie caratterizzanti la storia di Rifondazione comunista. La scelta del Senato di privatizzare l’acqua, scelta passata anche con i voti del Pd, oltre ad essere sbagliata e pericolosa in quanto fa diventare un bene essenziale e comune a tutti i cittadini un privilegio e profitto per pochi, è anche in controtendenza verso scelte che altri Paesi che precedentemente avevano optato per la strada della privatizzazione dell’acqua, oggi sono tornati sui propri passi e stanno ripubblicizzando i servizi idrici, come avviene nella città di Parigi, che entro il 2010 opererà la ripubblicizzazione dell’intero sistema idrico della capitale francese.

Rifondazione comunista sarà presente in tutte le mobilitazioni in difesa dell’acqua pubblica e chiederà a tutti i propri eletti negli enti locali di impegnarsi a sostenere la difesa dell’acqua come bene comune e bene pubblico. Il Prc s’impegna a far diventare il tema dell’acqua pubblica uno dei temi forti della manifestazione del prossimo 5 dicembre, il No Berlusconi Day.

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Il muro e noi

Novembre 8, 2009

editoriale da Liberazione di domenica 8 e lunedì 9 novembre 2009

Il 9 novembre, 20 anni fa, cadeva il muro di Berlino. In quell’elemento simbolico è racchiusa la fine di un regime socialista in cui – nella migliore delle ipotesi - la giustizia sociale era contrapposta alla libertà. In questa incapacità di coniugare libertà e giustizia sta al fondo il fallimento del tentativo novecentesco di transizione al socialismo. Noi che siamo nipoti della lotta partigiana – quante lapidi ci sono nel nostro paese su cui sta scritto “morto per la libertà” - abbiamo salutato positivamente la caduta del muro. Il socialismo senza la libertà semplicemente non è socialismo: è un tentativo di andare oltre il capitalismo che ha imboccato la strada sbagliata ed è abortito. Così non poteva andare avanti e così non si andava da nessuna parte. Senza libertà nessun socialismo. Giusto quindi picconare il muro e bene che il muro sia caduto; bene che i dirigenti della DDR abbiano scelto di non sparare, preferendo perdere il potere piuttosto che cercare di mantenerlo con una strage.

Nel mondo la caduta del muro è stata salutata come la vittoria della libertà sulla barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio per la storia del mondo basato sulla libertà e la cooperazione. Sappiamo che non è andata così. Gli stati Uniti hanno colto l’occasione della sconfitta del nemico storico per rilanciare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso da questo passaggio l’abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia, quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l’occasione per dire che eravamo alla fine della storia. Marx aveva speso la vita e scritto migliaia di pagine per dire che il capitalismo non era un fenomeno naturale ma bensì un modo di produzione storicamente determinato e quindi superabile. La caduta del muro è stata usata per “rinaturalizzare” il capitalismo, per affermare su scala globale che viviamo nel migliore dei mondi possibili; per affermare che essendo il capitalismo naturale, ogni tentativo di superarlo diventa un atto “contro natura” e in quanto tale barbarico. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da questo unico grande messaggio, trasmesso a reti unificate dal complesso dei mass media e da tutte le forme di produzione culturale, cioè di costruzione dell’immaginario individuale e collettivo, a partire dall’industria cinematografica. La caduta del muro è stato l’evento simbolico che ha permesso di costruire una grande narrazione che ha rilegittimato completamente il capitalismo. Kennedy non è più il presidente dell’escalation della guerra di aggressione al Viet Nam o l’aggressore di Cuba con l’avventura della Baia dei Porci. Kennedy è celebrato come il paladino della libertà e il suo discorso berlinese ne è il suggello. Dietro il paravento della libertà, sono riapparse, anche in occidente, incredibili differenze sociali e livelli di sfruttamento del lavoro che pensavamo seppelliti per sempre dopo le lotte degli anni ‘70. Nella vulgata la libertà d’impresa è diventata il presupposto della libertà dei popoli. Questa completa rilegittimazione del capitalismo ha un sapore mortifero di falsa coscienza: Che Israele costruisca muri per imporre l’apartheid in Palestina e che gli Stati Uniti costruiscano muri per impedire l’immigrazione dal Messico non fa più problema. Ogni muro è diventato lecito per l’impero del bene. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni maggiori che in altri paesi in virtù della proposta di Achille Occhetto – accolta dalla maggioranza del suo partito - di sciogliere il PCI in nome di questo nuovo inizio, appiattendo così tutta la storia del movimento comunista italiano sul fallimento del socialismo reale. La storia del nostro paese è stata integralmente riscritta, la lotta partigiana è stata denigrata nel suo valore simbolico di rinascita della nazione e così si è aperta la strada all’aggressione della Costituzione. La cancellazione della memoria del paese e la sua ricostruzione fatta dai vincitori ha sdoganato ideologie razziste e comportamenti xenofobi che pensavamo definitivamente finiti nella pattumiera della storia dopo la barbarie nazista.

Il fascismo, lungi dal presentarsi come una parentesi della storia patria, si evidenzia sempre più come una delle possibilità inscritte nel sovversivismo delle classi dirigenti di un paese che – come sottolineava Gramsci - non ha vissuto la riforma protestante e il cui risorgimento non è stato fenomeno di popolo ma di ristrette elite. La democrazia e la stessa costruzione di un etica pubblica in questo paese è concretamente il frutto delle lotte del movimento operaio, socialista e comunista. La loro disgregazione apre la strada a populismi di tutti i tipi, di destra come di sinistra.
In questo imbarbarimento del costume e dei rapporti sociali nel nostro paese e nel mondo vediamo confermata quotidianamente non solo la possibilità ma la necessità di battersi per superare il capitalismo.

In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto positivo e necessario, da festeggiare, ma non costituisce di per se un nuovo inizio per l’umanità. E’ stato anzi l’evento utilizzato per costruire un nuovo inizio e una nuova rilegittimazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della guerra. Mi pare che questa sia anche la consapevolezza dei compagni e delle compagne della Linke: nessuno propone di tornare a prima ma nella Germania riunificata occorre organizzarsi e lottare – all’Est come all’Ovest - contro il capitalismo e la guerra, per costruire un socialismo democratico.
Fuori da questa comprensione dialettica della positività della caduta del muro e della chiara consapevolezza che questo non segna nessun nuovo inizio, non esiste nessuna possibilità di porsi oggi il tema della trasformazione sociale e del superamento del capitalismo. Fuori da questa comprensione dialettica possiamo solo diventare anticomunisti o far finta che i regimi dell’Est non abbiano fallito nel tentativo di costruzione del socialismo. Il pentitismo e la nostalgia indulgente sono i rischi che abbiamo dinnanzi a noi: nella loro apparente opposizione rappresentano in realtà la completa negazione della possibilità di lottare per il socialismo, per una società di liberi e di eguali.

Da questa comprensione dialettica della caduta del muro scaturisce la nostra scelta della rifondazione comunista.
Dopo il fallimento del tentativo di fuoriuscita dal capitalismo che ha dato luogo ai regimi dell’Est non basta definirsi comunisti: occorre porsi l’obiettivo teorico, politico ed etico della rifondazione del comunismo e dell’antropologia dei comunisti e delle comuniste. L’obiettivo cioè di superare il capitalismo coniugando libertà e giustizia. L’utilizzo di due parole – rifondazione comunista - anziché una per definirci non è un lusso o una complicazione: è il modo più corretto per esprimere oggi il nostro progetto politico, in cui sappiamo dove vogliamo andare e sappiamo cosa non dobbiamo rifare. Il comunismo dopo il novecento è uscito dalla fase dell’innocenza. Compito nostro è farlo diventare adulto ed è un compito per cui val la pena spendere la vita.

Muro di Berlino, Il muro era da picconare ed è giusto che sia caduto ma i potenti che festeggiano hanno usato la sua caduta per aumentare le ingiustizia sociali.

Novembre 9, 2009

Il muro di Berlino era da picconare ed è giusto che sia caduto ma i potenti che stanno festeggiando hanno utilizzato in questi vent’anni la caduta del muro non certo a favore della libertà e della giustizia sociale. I potenti hanno usato la caduta del muro come simbolo per affermare il loro strapotere, aprendo una stagione di guerre e aumentando a dismisura lo sfruttamento dei popoli. La stessa crisi economica che stiamo vivendo è il frutto di quel capitalismo liberista che ci ha ammorbato in questi venti anni.

Festeggiamo quindi la caduta del muro non per glorificare il capitalismo, che tanti danni ha fatto e sta facendo, ma per rilanciare con più forza la lotta per la libertà e la giustizia. Vogliamo rifondare il comunismo a partire dalla centralità del tema della libertà perché siamo convinti che il socialismo senza la libertà non sia socialismo. Vogliamo rifondare il comunismo perché oggi più che mai c’è bisogno di dare una speranza a chi sta subendo le ingiustizie del sistema, c’è bisogno di un socialismo da costruire nel pieno rispetto della libertà, della democrazia, dell’ambiente.

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giovedì, 29 ottobre 2009

CAVE DEL PORFIDO:
UN MANIFESTO CONTRO I LICENZIAMENTI
Una firma e 1 euro di solidarietà
Con i lavoratori immigrati e no licenziati dalla crisi dei “padroni”
Sabato 31 0ttobre 2009
piazza Municipio – angolo via Crivelli
Pergine Valsugana ore 10 - 13
Da un anno si susseguono i licenziamenti di lavoratori del porfido ed i più colpiti, fino ad ora, sono stati gli operai extracomunitari, con conseguenze pesanti anche per le loro famiglie. Pensiamo sia giunto il momento di rompere il silenzio e dar voce alla giusta indignazione verso comportamenti socialmente irresponsabili. Non è accettabile che si cancellino in un anno quasi 200 posti di lavoro senza aprire un confronto serio con i lavoratori e le loro Organizzazioni sindacali. Nemmeno il silenzio degli amministratori locali è accettabile, essendo infatti il porfido una risorsa di proprietà collettiva sarebbe doveroso un loro intervento a tutela del diritto al lavoro. Un diritto che vale per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori extracomunitari che, come gli emigranti italiani un tempo, hanno affrontato lo sradicamento dai loro Paesi ed il difficile inserimento nelle comunità locali per dare un futuro dignitoso ai propri figli.
CAVE DEL PORFIDO:
UN MANIFESTO CONTRO I LICENZIAMENTI
Da un anno si susseguono i licenziamenti di lavoratori del porfido ed i più colpiti, fino ad ora, sono stati gli operai extracomunitari, con conseguenze pesanti anche per le loro famiglie. Pensiamo sia giunto il momento di rompere il silenzio e dar voce alla giusta indignazione verso comportamenti socialmente irresponsabili. Non è accettabile che si cancellino in un anno quasi 200 posti di lavoro senza aprire un confronto serio con i lavoratori e le loro Organizzazioni sindacali. Nemmeno il silenzio degli amministratori locali è accettabile, essendo infatti il porfido una risosrsa di proprietà collettiva sarebbe doveroso un loro intervento a tutela del diritto al lavoro. Un diritto che vale per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori extracomunitari che, come gli emigranti italiani un tempo, hanno affrontato lo sradicamento dai loro Paesi ed il difficile inserimento nelle comunità locali per dare un futuro dignitoso ai propri figli.
Facciamo pertanto appello agli operai italiani affinchè respingano la propaganda xenofoba e razzista o la diffidenza nei confronti dei loro compagni di lavoro non italiani, una propaganda volta a dividere e con ciò ad indebolire i lavoratori.
Rivolgiamo il nostro appello anche alle Organizzazioni Sindacali affinchè abbandonino la strada fin qui seguita della risposta individuale ai licenziamenti e, confrontandosi con i lavoratori, cerchino di impostare una battaglia collettiva per impedire l'espulsione di altri operai e far rientrare per quanto possibile i licenziamenti già effettuati.
Ci appelliamo anche agli imprenditori affinchè si assumano la loro parte di responsabilità sociale, evitando di trattare i lavoratori come semplici numeri per cercare di vedere le persone e le loro famiglie. Chiediamo pertanto alle imprese di assumersi, a maggior ragione in questo difficile momento, la propria parte di responsabilità sociale aprendo una trattativa con i lavoratori e le loro Organizzazioni Sindacali.
Vogliamo testimoniare infine la nostra vicinanza agli operai licenziati ed alle loro famiglie, con particolare attenzione per i lavoratori extracomunitari, penalizzati da una legislazione sull'immigrazione che li rende deboli e ricattabili.
Per questo invitiamo tutte le persone che condividono questa nostra iniziativa a sottofirmare il presente appello versando almeno 1 euro per contribuire alle spese del Comitato e costituire un fondo a sostegno delle famiglie colpite dai licenziamenti.
A tutti vogliamo ricordare che una persona degna non può dormire tranquilla mentre il suo vicino di casa è affamato!
Per superare la rassegnazione proponiamo di impegnarci per i seguenti tre obiettivi concreti:
1) Riunire tutti i lavoratori del porfido licenziati, raccogliere i dati relativi alla situazione di ognuno e valutare i casi di maggiore disagio sia sotto il profilo economico che dal punto di vista delle difficoltà relative ai permessi di soggiorno. Questo al fine di poter individuare i provvedimenti urgenti necessari ad alleviare i disagi e a superare le difficoltà.
Per quanto riguarda le difficoltà di tipo economico si potrebbe proporre la costituzione di un fondo di solidarietà, finanziato anche con le entrate relative ai canoni di concessione e quindi con la partecipazione della P.A.T. e delle amministrazioni locali.
In secondo luogo si potrebbero concordare con l’Ente pubblico percorsi preferenziali per l’accesso temporaneo a posti di lavoro alternativi, ferma restando la necessità di concordare con le parti il reinserimento dei lavoratori nel settore del porfido.
Per quanto riguarda invece le eventuali difficoltà sul versante del rinnovo dei permessi di soggiorno (che spesso arrivano troppo tardi, già scaduti e ciò aggrava ulteriormente la situazione), con particolare riguardo alle famiglie, potrebbe rendersi necessaria l’individuazione di provvedimenti temporanei ed urgenti, quali deroghe specifiche, da concordare con la Questura e la Provincia.
Tutto questo anche al fine di evitare situazioni di indigenza ed ulteriore emarginazione, il lavoro nero, la decadenza dei permessi di soggiorno, la clandestinità o un secondo, drammatico sradicamento per queste famiglie.
2) Per quanto riguarda i lavoratori prossimi alla pensione che dovessero essere licenziati occorre concordare un percorso occupazionale alternativo che li accompagni all’età pensionabile. Vanno anche valutati provvedimenti di prepensionamento, tenuto conto anche del lavoro usurante, i cui oneri devono essere però a carico delle Aziende.
3) Convocare tutte le parti interessate, a partire dagli imprenditori e loro Associazioni (industriali, artigiani), l’Amministrazione provinciale e le Amministrazioni locali (Comuni ed ASUC), ad un tavolo di trattativa con i lavoratori e le loro Organizzazioni Sindacali al fine di:
a) definire la situazione attuale e le prospettive future del settore del porfido;
b) individuare i provvedimenti più adeguati (riduzione dell’orario, Cassa integrazione) per far fronte alle situazioni più gravi determinatesi con la crisi, al fine di evitare ulteriori licenziamenti;
c) elaborare un piano di intervento complessivo che consenta una ristrutturazione del settore sulla base della responsabilità sociale dell’Impresa e quindi rispettosa degli interessi collettivi, senza ricorrere ad ulteriori tagli occupazionali;
d) elaborare un piano di rientro dei licenziamenti effettuati.
Comitato in Solidarietà con i Lavoratori del Porfido Licenziati
Lases, 9 luglio 2009

nome e cognome
Comune o Paese di provenienza
firma



























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giovedì, 20 agosto 2009

Mozione Lega Nord

“anti sbandati”

Consiglio comunale del 24 agosto 2009.

Comunicato del Circolo PRC della Valsugana “Ora e Veglia”

Non possiamo negare che il clima sia quello della caccia agli untori di manzoniana memoria. Nei momenti di crisi i responsabili se la sono sempre cavata mettendo gli uni contro gli altri , chiaramente i poveracci, meglio se nostrani contro “foresti”.

Il pacchetto sicurezza del governo approvato recentemente lascia la strada libera a qualsiasi sindaco di fare ciò che preferisce al posto di ciò che è necessario.

Quindi via alla fantasia dal vietare il kebab al fazzoletto mussulmano delle donne.

Chi ha più “idee” può partecipare a questo circo mediatico.

Noi pensiamo che la mozione posto dalla Lega Nord di Pergine faccia parte di questo circo.

Certo la realtà di persone invadenti e moleste esiste come in tutte le situazioni della vita umana ma pensare alla bacchetta magica dell’ordinanza per risolvere il tutto è pura follia.

Ci sono attualmente tutte le condizioni per controllare tale fenomeno in parte anche organizzato, non saremo certo noi che viviamo la realtà a negare il fatto.

Ma dal controllo all’epurazione ne passa di strada: e quanto toccherà a noi sbandati di sinistra che insistiamo a dire che i problemi sono il lavoro, la casa e lo spreco delle spese militari entrare nel mirino?

E quando gli immigrati nostri concittadini subentreranno agli “sbandati non meglio identificati” il vero target dei leghisti nostrani?

Ma la povertà non sono solo gli accattoni invadenti è anche il “trentino doc” anche ricco che non trova posto nelle case di riposo e RSA per belle e domotiche che siano con dolorose ricadute familiari. Ricordiamolo.

Con i poveri che sono miliardi nel mondo le casacche gialle delle cosiddette ronde sono inutili…possono solo gracchiare nel proprio salotto.

Rimpiangiamo ( ci costa ma siamo persone serie ) un pezzo dell’ordinanza del Sindaco di Borgo Valsugana Dalledonne che dice una volta identificati e multati gli accattoni “ il nominativo sarà comunicato all’Ufficio relazioni con il pubblico del Comune, perché se territorialmente competente, si porti a conoscenza del fatto il Servizio di assistenza sociale del Comprensorio della Bassa Valsugana e Tesino affinché possa attuare interventi assistenziali.”

Citiamo Dalledonne perché pur di centro destra si rende conto che il problema non si risolve spostando le persone da un confine all’altro e parla di servizi sociali che anche nel ricco trentino vivono di precarietà

La Lega Nord di Pergine invece mastica la “rosa camusa” e questa porta solo a stati di allucinazioni sensoriale che loro chiamano “politica”.

Auguri a tutti voi.

Il segretario del Circolo Prc Paolo Vitti

Gruppo Consigliare Lega Nord Trentino



ILL.MO

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

FACCHINI GIUSEPPE


PIAZZA MUNICIPIO


Pergine,01/08 /2009


MOZIONE N.


ORDINANZA “ANTI SBANDATI” ANCHE A PERGINE

Premesso che :


In tutte le realtà dove è stata adottata, “l'ordinanza antisbandati” ha sempre dato ottimi risultati,con un drastico calo della presenza di soggetti indesiderati nel tessuto urbano dediti alla questua, accattonaggio, sfruttamento di minori, ecc., oltre ad una considerevole riduzione dei reati contro il patrimonio e le persone catalogati come “microcriminalità”. Oltre che in realtà di fuori regione, l'ordinanza ha dato ottimi frutti anche nel Comune di Borgo Valsugana, dove nel giro di sole due settimane sono pressochè scomparsi tutti quegli sbandati che assillavano la popolazione locale con richieste insistenti di denaro lungo le piazze e pubbliche vie. Ciò con soddisfazione dell'Amministrazione Comunale e dei residenti.

In considerazione che anche Pergine soffre della presenza spesso molesta di accattoni, vagabondi e zingari e stante che la recente legge “Maroni” ha concesso ai Sindaci precisi poteri e podestà in merito, crediamo doveroso che anche la nostra municipalità si dia gli stessi efficaci strumenti già sperimentati altrove, al fine di consentire una migliore sicurezza e vivibilità urbana ai residenti,anche, per non penalizzare ingiustamente un territorio dall'altro distanti tra loro solo poche decine di chilometri.


Tutto ciò premesso

Si impegna la Giunta e il Consiglio Comunale




1 di adottare sul proprio territorio comunale un'ordinanza che vieti lungo strade e pubbliche piazze l'acccattonaggio e la questua, l'esposizione di minorenni e/o di animali per indurre compassione, l'esibizione di menomazioni fisiche,ecc. Al fine di indurre alla carità, colpendo tutti coloro che dovessero violare l'ordinanza con sanzioni pecuniarie esemplari e l'immediato allontanamento con la forza pubblica dal territorio





Cons. Tiziana Frisanco Cons. Donata Soppelsa

Foto dalla campagna di Migra per i diritti dei migranti

Numerose associazioni trentine invitano ad aderire all'appello online "Pacchetto (in)sicurezza? Noi disobbediamo!" (vedi il testo sotto) che chiede ai referenti politici "sostanziali modifiche alla legge appena approvata", di "non permettere il sorgere di alcuna associazione volontaria per la sicurezza" e "favorire le iniziative di relazione e integrazione"; ai pubblici ufficiali di "praticare la disobbedienza civile non denunciando lo straniero irregolare" e alla cittadinanza di "sostenere tutte le iniziative di accoglienza, solidarietà e tutela dei diritti fondamentali di ogni persona".

APPELLO: "PACCHETTO (IN)SICUREZZA? NOI DISOBBEDIAMO!"

“Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. (Don Lorenzo Milani)

Il "Pacchetto sicurezza" (il testo) approvato in via definitiva dal Parlamento rende la nazione più insicura introducendo la discriminazione tra persone in base alla distinzione di condizioni personali e sociali. Ciò è in contrasto con l’art. 3 della Costituzione Italiana.

La legge:

  • Decreta il reato di clandestinità. Chi cerca futuro o pane non è, di per se, un potenziale delinquente. Con questa norma incorre in reato lo straniero che perde il lavoro ed entro sei mesi non riesce a trovarne un altro; l’assistente domiciliare o colf che da mesi assiste i nostri anziani; i minori figli di immigrati irregolari; molti lavoratori del settore agricolo e turistico; … sono tutti da punire penalmente? E che fine farà tutto il lavoro svolto in questi anni per armonizzare il diritto con l’accoglienza per promuovere l’integrazione?
  • Riconosce le associazioni “di volontari per la sicurezza” (ronde). E' preoccupante la delega a privati cittadini di compiti che sono propri delle forze dell’ordine, alimentando, in maniera perversa, un clima di diffidenza e insicurezza. Ritorniamo ad abitare i nostri territori, le strade e le piazze, re-imparando a relazionare: dal “buon vicinato” sino alla solidarietà quotidiana.
  • Obbliga i pubblici ufficiali alla denuncia. Le istituzioni pubbliche da garanti dei diritti fondamentali diventano persecutorie. E’ alto il rischio di fuga e paura verso i servizi pubblici fondamentali quali scuola, sanità, servizi sociali. Questo potrebbe portare al diffondersi di organizzazioni criminose che attendono a queste necessità.
  • Istituisce un albo per i clochards e i senza dimora, stigmatizzando così una categoria di persone già debole e senza difese. Questo provvedimento toglie possibilità all’iniziativa degli Enti Locali di gestire situazioni e casi con sensibilità e buon senso.

CHIEDIAMO:

Ai nostri referenti politici:

  • Sostanziali modifiche alla legge appena approvata e non solo a favore di colf e badanti;
  • Non permettere il sorgere di alcuna associazione volontaria per la sicurezza;
  • Favorire le iniziative di relazione e integrazione in nome della tutela dei diritti umani;
  • Di indagare sul destino delle persone rimpatriate.

Ai pubblici ufficiali:

  • Praticare la disobbedienza civile non denunciando lo straniero irregolare.

Alla cittadinanza:

  • Sottoscrivere e fare sottoscrivere il presente appello;
  • Sostenere tutte le iniziative di accoglienza, solidarietà e tutela dei diritti fondamentali di ogni persona

Questo appello sottoscrivibile al seguente indirizzo di www.vitatrentina.it o inviando una e-mail a partner@unimondo.org

Il presente appello è promosso da: Punto d’incontro, CNCA Trentino, Fondazione Comunità Solidale, ACLI Trentine, ATAS, CGIL del Trentino, Volontari di strada, Unimondo, Fondazione Migrantes, Caritas Diocesana di Trento, APAS, Villa S. Ignazio, GRIS, Centro Missionario Diocesano di Trento, Comunità di San Francesco Saverio, Mensa della provvidenza Frati Cappuccini, Casa della Giovane, Fiopsd, Commissione Giustizia e Pace Diocesi di Trento, Pastorale Sociale del Lavoro Diocesi di Trento.

postato da: prcpergine alle ore 19:56 | link | commenti (2)
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mercoledì, 19 agosto 2009

La casa Itea e il problema della signora Antonia Gottardi di Pergine Valsugana

Abbiamo letto domenica 9 agosto 2009 in cronaca di Pergine Valsugana l’intervista del quotidiano L’Adige alla signora Antonia Gottardi inquilina Itea.

Dobbiamo dire che la storia ci ha lasciato molto perplessi e quindi ci permettiamo di rivolgersi a lei per esprimere delle nostre riflessioni in merito ma anche per avere opportune delucidazioni e chiarimenti se necessarie.

Il “caso” della signora Antonia Gottardi di Pergine lavoratrice con due figli a lavoro precario, che si trova con un preavviso di sfratto perché “supera” il reddito per rimanere nella casa Itea nella quale risiede da 22 anni, la dice lunga sulla socialità della burocrazia locale.

Burocrazia che con la motivazione di “fare posto” a chi ha bisogno di casa di fatto crea ulteriori emergenze abitative a chi si ritrova “ricco” (sic! ) per i parametri dei burocrati ma non per la realtà del mercato immobiliare.

Che fa Itea? Trova alloggio a chi ha bisogno o si limita ad una operazione di facciata muovendo gli inquilini come pedine tipo fuori uno dentro l’altro?

Il diritto alla casa è storia vecchia, una conquista dei lavoratori che con i loro contributi creavano un mercato sociale della casa mentre oggi appare sempre più una grottesca finanziaria che svende appartamenti a privati ( i quali poi ci mettono chiunque con rischi di convivenza sociale ) mentre dall’altra non riesce a trovare una strada che sia calmiere per i prezzi del bisogno abitativo lasciando mano libera ai privati costruttori. Certo abbiamo anche un gioco delle parti: Itea che ha i soldi ( dei lavoratori ) non ha le aree ( i comuni non le trovano ) e quindi si acquista da costruttori sempre disponibili a vendere anche l’eventuale invenduto.

Itea ha una vasta e lunga storia storia e grosse potenzialità, ci mancherebbe altro lo riconosciamo, ma proprio per questo pensiamo sia possibile risolvere razionalmente il “caso” della signora Gottardi e i molti casi analoghi sparsi in provincia.

In maniera semplice e logica: chi sfora il reddito non è un evasore da additare e eliminare ma un “utente” che può contribuire in maniera diversa con il proprio affitto semplicemente pagando un po’ di più.

Fra pagare un affitto maggiorato e mettere in strada una famiglia che “sfora” pensiamo ci sia una bella differenza.

Quella differenza che la burocrazia sembra non cogliere vuoi per pigrizia o perché tanto il problema è altrui.

Come ci si ostina a non dare opportune agevolazioni a quei proprietari di case che le affittano in modo regolare.

Come Rifondazione chiediamo quindi non solo a Itea ma alle forze politiche di considerare l’elasticità nell’equità reale e non modulistica da applicare in casi come questi, dove si entra se i figli sono piccoli ma se cominciano a lavorare si butta sulla strada la famiglia intera.

Chiediamo quindi di essere solidali con la signora Antonia Gottardi perchè le venga riconosciuto il diritto ad una abitazione anche con eventuali modifiche contrattuali che salvaguardino tale diritto.

Chiediamo inoltre di considerare il tutto come una “questione sociale” da risolvere evitando le scorciatoie tipo ordine pubblico: sarebbe un grosso errore

Franco Porta Segretario provinciale PRC

Paolo Vitti Segretario del circolo PRC

Trento-Pergine Valsugana 18 agosto 2009

L'ARTICOLO COMPARSA SULL'ADIGE IL 9 AGOSTO 2009

PERGINE - Deve abbandonare il suo alloggio Itea nonostante lo abiti da 22 anni, dal primo aprile 1987 abbia un reddito assai basso, abbia sempre pagato regolarmente il canone e le spese all’Istituto. E nonostante ci abiti con due dei suoi tre figli, lavoratori precari. Antonia Gottardi ha il solo «torto» di aver onestamente dichiarato fino al centesimo quanto prevede la normativa provinciale sull’Icef, il suo basso reddito e quello dei figli, con reddito inferiore al suo. Ha dichiarato perfino gli spiccioli che ha sul suo deposito bancario. Risultato: ha superato la soglia Icef per uno zero virgola ed ha ricevuto la lettera con la quale le viene revocato l’uso dell’alloggio Itea.
«Da quando ho ricevuto quella lettera - racconta - non dormo più la notte».
La signora abita in via Le Fornaci dal primo aprile 1987. E’ tra le quaranta persone dell’alta Valsugana alle quali è stata spedita dal Comprensorio la revoca. E’ del luglio scorso, ma nel frattempo lei ha cercato le soluzioni possibili, «ma non ne ho trovate». S’è recata presso una banca a chiedere un prestito per acquistare un alloggio, ma le è stato rifiutato, racconta: «m’hanno detto che sono vecchia, ho 54 anni». Ha cercato appartamenti in affitto, ma il minimo che le è stato richiesto s’aggira sui 600 euro mensili. Ne riceve poco più di 1.000 lavorando presso la casa di riposo cittadina come Osa «e riesco a farcela barcamenandomi con un fido che una banca mi garantisce, sono spesso sotto. Un funzionario pubblico m’ha perfino consigliato di far uscire un figlio dall’appartamento, in modo da non superare la soglia Icef. A questo punto siamo arrivati. Ma i miei figli hanno lavro precario, non hanno il denaro per pagare affitto altrove». La signora, veneta d’origine, è in Trentino dal 1984 ed i città da lustri. Nei primi anni s’era adattata ad ogni tipo di lavoro senza lamentarsi se superava le 10 o le 12 ore giornaliere per far crescere i figli, l’hanno aiutata delle famiglie caritatevoli ed organizzazioni cattoliche, ha goduto del minimo vitale pubblico. Poi è riuscita ad entrare in casa di riposo, dove lavora tutt’ora. Si sposta in bicicletta, ha rinunciato, giocoforza, ad acquistare un’automobile.
«Non posso pesare certo sui miei figli. Spero solamente che la Provincia di Trento si ravveda, perché so che nella mia situazione si trovano molte persone che abitano in alloggi pubblici. Io ho lavorato sodo ed onestamente per tutta la vita. Per tanto tempo funzionari Itea mi dicevano che avrei potuto riscattare l’alloggio ed io m’ero illusa, avrei potuto chiedere un prestito alla banca, anni fa. Quello che ora m’è negato. Io desidero restare nel mio appartamento, quei muri raccontano la mia vita».
Lei spera, ma in questi tempi la legge che tenta di stanare i furbi finisce per diventare implacabile con i poveri.
M.A.
postato da: prcpergine alle ore 14:16 | link | commenti
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giovedì, 04 giugno 2009