lunedì 21 giugno 2010

La forza del capitale e la responsabilità della politica

di NICOLA MELLONI


Quel che sta succedendo a Pomigliano ci spiega in maniera drammatica come le lezioni della grande crisi del capitale non siano state recepite in alcuna maniera nel nostro Paese. Il battimani che da destra al Pd (sinistra è un termine che proprio non si può usare) ha accolto la proposta Fiat per il rilancio dello stabilimento campano è l’ennesimo segnale della resa incondizionata di una politica a cui mancano strumenti di analisi e di comprensione e volontà di iniziativa. Seguire la Fiat nella determinazione non solo di un contratto di lavoro, ma bensì di un nuovo contratto sociale – pane e poco companatico in cambio di lavoro e silenzio – vuol semplicemente dire abbassare la testa di fronte al mercato, lasciare che le relazioni umane, sociali, i diritti dei lavoratori siano decisi dalla mano dal padronato senza cercare di capire quali saranno i frutti avvelenati di tale accordo.

I benpensanti delle nostre parti giustificano la proposta di Marchionne con la globalizzazione: o si accettano nuove regole o la produzione si sposta, si perdono posti di lavoro, si riduce la ricchezza della nazione. Quello che non capiscono è che sarà proprio l’accordo di Pomigliano a rappresentare la tomba dell’economia italiana. Proprio perché globalizzata, Fiat non ha interessi a favorire lo sviluppo del Paese. Farà profitti vendendo le sue macchine all’estero, andando alla ricerca di quei mercati in cui ancora esisterà una classe media in grado di spendere, mentre il nostro Paese si impoverirà a causa delle riduzioni di reddito da lavoro. Il futuro dell’Italia si chiama Polonia, Argentina, Malaysia non certo Germania. Forse anche peggio, perché i ritmi di produzione e i livelli delle retribuzioni asiatiche sono irraggiungibili dalle nostre parti.

Altrove, invece, le cose vanno diversamente. Nonostante neanche in America sian tutte rose e fiori, Obama ha capito che la responsabilità principale della crisi del capitalismo contemporaneo è nella resa della politica al capitale. Capitale che fa il suo mestiere, fare profitti. Ma sono lontani i tempi in cui gli interessi del grande capitale coincidevano con quelli degli Stati e proprio per questo la mediazione politica è indispensabile. Gli ultimi trent’anni di globalizzazione neo-liberista hanno schiacciato la retribuzione del lavoro a favore della remunerazione del capitale e le diseguaglianze economiche hanno di conseguenza generato la crisi del debito privato di cui le banche sono stati gli ultimi ma non unici responsabili.

E’ proprio sulla scorta di questa lezione che vediamo forse per la prima volta un governo attaccare a testa bassa una multinazionale, come appunto sta facendo la Casa Bianca contro Bp nel caso del Golfo del Messico. Il messaggio che il presidente americano sta mandando è che non è più pensabile lasciare carta bianca al capitale. Si badi bene, Obama non sta semplicemente sanzionando l’illegalità dei comportamenti di Bp multando la compagnia petrolifera, ma interviene direttamente nel rapporto tra società e impresa su una linea molto chiara: il capitale segue le logiche del profitto ma risponde alla politica dei suoi comportamenti. Bp dovrà pagare i danni procurati ai cittadini americani.

Dalle nostre parti, invece, alla Fiat è lasciata mano libera, seguendo ancora la logica che l’investimento è santo, in quanto porta lavoro. E’ ora invece di discriminare di che investimento parliamo. Pomigliano potrà anche portare 700 milioni in Campania ma il danno economico che ne verrà all’intero sistema paese è difficilmente calcolabile. La riduzione dei sindacati a gestori di servizi, il restringimento dei diritti dei lavoratori ed, infine, l’inevitabile contrazione dei salari in tutta l’industria impoveriranno ulteriormente il Paese, ben oltre i 700 milioni del Lingotto.

Ma il vero danno va al di là delle pur disastrose ricadute economiche. Il caso d’eccezione è destinato a fare scuola ed il risultato sarà, invariabilmente, la creazione di una Repubblica dei padroni, di una oligarchia. D’altronde, la crisi egemonica in cui ci troviamo, come Gramsci – poco letto o poco capito nel Pd – ci insegna, è proprio quel periodo in cui il vecchio muore ed il nuovo non è ancora nato e questo periodo si caratterizza per la presenza di fenomeni incontrollabili e pericolosi. Di fronte alla debolezza della sinistra, la crisi provocata dal capitale rischia di lasciar spazio a soluzioni reazionarie adottate proprio in nome dell’emergenza. Soluzioni in cui il padronato rinserra le fila e si riorganizza per rinsaldare il suo potere. La storia purtroppo ci ha fornito abbondanti esempi del genere. Già davanti alla grande crisi del ’29 l’assunzione di responsabilità da parte della politica aveva portato negli Stati Uniti alla creazione di un nuovo patto sociale, il New Deal. In Italia, alla crisi organica del primo dopo guerra si rispose con la dittatura sostenuta dal grande capitale. Gli ingredienti – la crisi, una sinistra disorganizzata, una politica parlamentare in frantumi, un padronato reazionario e, in cauda venenum, un leader populista e congenitamente avverso alle istituzioni democratiche – ci sono purtroppo tutti. Forse di questo, più che delle leggi ad personam, dovrebbero cominciare ad occuparsi politici e media d’opposizione.

Riflessioni sulla FIAT


martedì 15 giugno 2010

Presentazione libro "E' già sera, tutto è finito"

Si intitola “E’ già sera, tutto è finito”, l’autore è il trentino Tersite Rossi

Arriva a Pergine il romanzo sulle stragi del ’92-’93
che ha entusiasmato Massimo Carlotto

Il libro, edito da Pendragon e presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino il 16 maggio 2010, tenta di fare luce, tramite la narrativa, su alcuni degli episodi più bui della nostra democrazia.



Arrivare in anticipo su fatti come Gladio, Tangentopoli e le stragi del ’92-’93. E rimanere sconcertati dall’esito amaro delle proprie scoperte. Succede al giornalista protagonista del romanzo “E’ già sera, tutto è finito”, scritto da Marco Niro e Mattia Maistri, giornalisti di QT-Questotrentino, usando lo pseudonimo di Tersite Rossi.

Il romanzo, in parte ambientato in Trentino ed uscito in libreria il 12 maggio, è stato presentato il 16 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino, ed ha ricevuto il plauso degli scrittori Massimo Carlotto e Stefano Tassinari.

Quella partorita dalla mente della coppia di scrittori è una trama avvincente e dinamica, costruita su un’accurata documentazione storica. Un tentativo di fare luce, tramite la narrativa, su alcuni degli episodi più bui della nostra democrazia.

Nel romanzo pubblicato da Pendragon (editore bolognese attivo dal 1994 nel panorama letterario nazionale con oltre 800 titoli usciti fino ad ora), la Storia con la maiuscola risulta abilmente incastrata con quella con la minuscola, e al lettore è dato il piacere di trovare mescolato alla fiction un cospicuo numero di riferimenti alla realtà storica funzionali allo svolgimento della narrazione.

Al Salone Internazionale del Libro di Torino, durante la presentazione di “E’ già sera, tutto è finito”, Massimo Carlotto ha pubblicamente elogiato il lavoro di Tersite Rossi: “Questo romanzo dalla scrittura assolutamente densa mi ha entusiasmato. Da tempo non leggevo un lavoro così approfondito rispetto alla memoria e al modo di raccontare questo Paese”.

Il romanzo ha già ricevuto l'attenzione dei quotidiani “Trentino” e “l'Adige”, e soprattutto del quotidiano nazionale "il manifesto", con una recensione a firma di Carlotto.

Per tutti i dettagli si rimanda al sito www.tersiterossi.it



La presentazione del romanzo avrà luogo a cura di QT-Questotrentino
con gli autori e il direttore di QT Ettore Paris
a Pergine lunedì 21 giugno alle 20,45
presso la sala Rossi della Cassa Rurale