mercoledì 18 novembre 2009

"IDV e PRC pilastri di una vera alternativa al berlusconismo"

Da Liberazione di mercoledì 18 novembre 2009, intervista a Luigi De Magistris
Dino Greco Cosimo Rossi

«Sono convinto che Idv e Prc siano due pilastri fondamentali della vera alternativa al berlusconismo». Per Luigi De Magistris la convergenza realizzata sul "No B day" è destinata «a svilupparsi» nella prospettiva delle regionali e della costruzione dell'alternativa alla destra.
L'ex pm, eurodeputato indipendente dell'Idv, considera infatti l'appuntamento del 5 dicembre una scommessa «importante», in quanto «realizza un incontro tra web, piazza, forze politiche e sociali, movimenti contro il disegno autoritario di Berlusconi». E considera «un errore» la mancata adesione da parte del Pd.

In questo momento della vita del paese il principio secondo cui la legge è al di sopra degli uomini risulta completamente capovolto, in quanto un uomo, Berlusconi, si pone al di sopra della legge. C'è un elemento di continuità nella sua scelta di passare dalla toga al parlamento europeo?
Se non ci fossero stati provvedimenti nei miei riguardi, io avrei voluto continuare a fare il magistrato, il lavoro che ho sempre sognato. Dimettermi mi è costato un profondo dolore. Ciò premesso, la bussola rimane la stessa. E da questo punto di vista riconosco che la politica è il terreno principe per realizzare davvero la trasformazione sociale: diritti e giustizia, secondo me, sono l'aspetto centrale di questa azione politica. Credo che l'architrave di un programma politico debba essere non solo la difesa della Costituzione, ma la sua concreta attuazione.


Ad esempio, in quali ambiti?
A cominciare dall'articolo 1: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Ebbene: il lavoro ancora oggi molti non ce l'hanno, per altri è precario, molti lo perdono, altri ancora lo hanno ma come privilegio o raccomandazione. Eppoi l'articolo 3, in tutti i suoi aspetti. Abbiamo discusso per mesi del lodo Alfano, quando l'art. 3 è chiarissimo nell'affermare che la legge è uguale per tutti. Ma penso anche alla sua seconda parte, cioè l'uguaglianza senza distinzioni o condizioni. E soprattutto alla terza parte, secondo cui è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli che di fatto rendono i cittadini diseguali. Non si possano risolvere le questioni italiane per via giudiziaria. Un'alternativa programmatica di centrosinistra può prendere corpo proprio a partire dall'attuazione della Costituzione.

L'altra faccia della via giudiziaria è la ciclica riproposizione del dialogo sulle riforme costituzionali…
Sono convinto che con Berlusconi non si possa aprire nessun dialogo politico e istituzionale. Perché Berlusconi, e i centri di potere di matrice piduista a lui vicini, hanno un obiettivo: annientare la democrazia come si è intesa finora; un presidenzialismo populista; l'eliminazione di tutti i contrappesi costituzionali o un loro fortissimo condizionamento; un substrato culturale a questo regime attraverso lo smantellamento della scuola, dell'università e della ricerca pubbliche; l'aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche, attraverso l'incremento del divario tra una borghesia mafiosa sempre più ricca e i due terzi della popolazione sempre più indigente. Questo è il futuro del berlusconismo. Che è già ora.
Perciò la manifestazione del 5 dicembre è molto importante. Innanzitutto perché legittima sul piano politico il mondo della rete, che è riduttivo considerare solo virtuale, in quanto dietro ogni pc c'è un essere umano. In secondo luogo perché realizza un incontro tra web, piazza, forze politiche e sociali, movimenti contro quel disegno autoritario che può perdurare oltre Berlusconi.
Il fatto che il Pd non aderisca adducendo per motivazione che esso le manifestazioni le promuove, mi sembra una questione di lana caprina. Si tratta, invece, di una grande occasione. Così, tra l'altro, si diraderebbero quelle nebbie in cui può mimetizzarsi chi nel Pd pensa si possa ancora inciuciare con Berlusconi.

L'incontro tra Idv e Prc a partire da questo 5 dicembre è da considerarsi episodico o può avere ulteriori sviluppi?
Io sono convinto che Idv e Prc siano due pilastri fondamentali della vera alternativa al berlusconismo. Dico vera perché si sta profilando anche un'alternativa apparente, ovvero il riposizionamento di una parte di poteri forti, gerarchie ecclesiastiche, Fini, Casini, Rutelli e non escluderei anche parte dell'Idv. Esso muove dal fatto che Berlusconi sta diventando sempre meno presentabile. Ma non si tratta certo di un'alternativa. Io invece voglio un'alternativa vera, di cui ritengo che Idv e Prc siano elementi essenziali.

A questo proposito un tema cruciale riguarda il bipolarismo e il suo sfociare in velleità bipartitista. Questo non ha prodotto un isterilimento della democrazia? E non occorre recuperare un'ispirazione proporzionale che consenta un'effettiva rappresentanza della volontà popolare?
In democrazia i voti sono sostanza e fa specie che tre milioni di cittadini non abbiano rappresentanza formale. Per un certo periodo si è pensato, anche in buona fede, di mutuare il sistema anglosassone, ma non va bene per l'Italia. E men che mai va bene il bipartitismo, che ha solo favorito operazioni di vertice: come la fusione tra Ds e Margherita, col risultato che adesso Rutelli se ne va, o il partito personale di Berlusconi, dove pure il dominio del cavaliere comincia a esser mal sopportato. Perciò si può tornare a una base proporzionale: il sistema tedesco mi sembra il più equilibrato. Un tasso di semplificazione tuttavia è necessario: uno sbarramento non troppo elevato che sia stimolo all'aggregazione.

Siamo all'antivigilia delle elezioni regionali. Si possono dire da subito le discriminanti per le coalizioni: cioè con chi, contro chi e per che cosa?
La mia opinione è che alle regionali si debba sperimentare il laboratorio politico del centrosinistra, che abbia come cardini la questione morale e un modello culturale radicalmente alternativo non solo a Berlusconi ma anche al sistema consociativo di potere che ha visto il Pd essere speculare al Pdl.

Con chi?
Non c'è dubbio che in primo luogo venga il Pd: sia per consistenza, sia perché non si può negare che sia l'architrave di un'alternativa. Però gli si chiedono messaggi chiari, in quanto nella sua azione di governo, specialmente al sud, è stato investito dal consociativismo e dalla questione morale; benché nessuno possa chiamarsi fuori, nemmeno l'Idv. Le altre forze a cui mi riferisco sono l'Idv, il Prc, Sinistra e libertà e, io credo, i radicali. Insieme a un modo nuovo di fare politica, attraverso un'apertura effettiva non solo al mondo del web, ma all'associazionismo, ai movimenti, a tutto quel mondo della cultura ritiratosi in disparte ma pronto a tornare protagonista.
Il nodo più delicato è l'Udc. Personalmente stento a considerarla parte di questo laboratorio politico. Altro sono le alleanze che si possono realizzare nei singoli territori. Ma quella cui aspiro è finalmente un'alternativa politica seria. E con l'Udc francamente non la vedo. Troppa differenza di valori: sullo stato confessionale, sul rapporto col Vaticano, sulla giustizia, sul rapporto coi poteri forti.

In Italia l'alternativa a Berlusconi al momento è comunque minoranza. Già dall'indomani del 5 dicembre, come agire nel senso di un allargamento della democrazia e della partecipazione?
E' vero che nel paese siamo minoranza, ma una minoranza molto forte. Va collettivizzato il dissenso, va organizzato, va creato un patto forte tra chi ha la rappresentanza politico istituzionale e la democrazia partecipativa. Credo che le forze politiche del centrosinistra siano arretrate rispetto alla spinta che viene dal basso. In questo senso le primarie mi trovano in linea di principio favorevole, oggi però sognerei un centrosinistra che si riunisca intorno a un tavolo e riesca a individuare profili e personalità di altissimo valore culturale e morale in grado di mettere tutti d'accordo e su cui puntare per la riscossa fin dalle regionali.

Veniamo all'Idv. Il partito sta progressivamente assumendo una caratterizzazione più sociale. Ma non senza contraddizioni. Come si può, ad esempio, condurre una battaglia contro la precarietà in Italia e al contempo sedere in Europa sugli stessi banchi di Fritz Bolkenstein?
Innanzitutto, la posizione su queste battaglie è quella che sosteniamo in Italia. In Europa, tuttavia, l'Idv ha una collocazione soddisfacente nel gruppo liberal-democratico, perché gode di un'assoluta autonomia sui temi dello stato sociale di diritto, per cui capita che noi votiamo gli emendamenti del Gue o dei Verdi.

L'Idv ha sostenuto che la missione in Afghanistan abbia esaurito i propri compiti, tuttavia ne ha poi votato il rifinanziamento. La contraddizione è palese. Non sarebbe invece necessario riaprire una discussione sull'articolo 11 della Costituzione?
L'articolo 11 è stato violato troppo spesso. Sono assolutamente convinto che la politica estera debba essere uno dei punti centrali dell'alternativa al centrodestra e che l'Italia sia scomparsa da anni dalla scena in materia di politica estera. Penso, per esempio, al ruolo che può avere nello scacchiere mediorientale. Tra breve andrò a Gaza. Perché nei giorni scorsi abbiamo fatto una bellissima celebrazione della caduta del muro di Berlino, ma nello stesso tempo abbiamo un muro innalzato Israele e la chiusura dei corridoi umanitari per Gaza, anche dalla frontiera con l'Egitto. L'Italia deve tornare protagonista. Ma non può esserlo con il governo Berlusconi che pensa solo a fare gli accordi con Gheddafi per costruire i lager per i migranti. Quanto poi all'Afghanistan, penso si debba chiudere con questa che non è una missione di pace. E che l'alternativa di governo debba disporsi a partecipare esclusivamente a missioni sotto l'egida dell'Onu, e non missioni Nato o di altro tipo che violano la Costituzione.

L'Idv nasce intorno alla leadership esclusiva Di Pietro. Da allora si è avviato un processo di trasformazione verso un'organizzazione democratica della vita interna oppure rimane dominante l'impronta leaderistica?
Io sono fermamente convinto che le espressioni leaderistiche in generale siano sbagliate. Lo dico guardando non a Di Pietro, ma a me stesso. Penso che l'Idv si trovi adesso in uno dei momenti più delicati, anche per le differenti sensibilità che sono entrate, per l'accresciuta attenzione sulle questioni sociali e via dicendo. Sono preoccupato solo di una cosa: non vorrei cioè che l'Idv diventasse una nuova Dc attraverso i signori delle tessere. Vorrei un partito come lo sognano molti elettori: un partito destrutturato, con una classe dirigente ampia, in collegamento con la rete e i movimenti, che sia aperto a storie e sensibilità differenti e forti, dove si intenda la politica come strumento dell'interesse generale.

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