mercoledì 18 novembre 2009

TUTTI I POST DEL BLOG PRECEDENTE

Ecco tutti i post pubblicati sul nostro blog precedente

lunedì, 16 novembre 2009

Il muro e noi

Novembre 8, 2009

editoriale da Liberazione di domenica 8 e lunedì 9 novembre 2009

Il 9 novembre, 20 anni fa, cadeva il muro di Berlino. In quell’elemento simbolico è racchiusa la fine di un regime socialista in cui – nella migliore delle ipotesi - la giustizia sociale era contrapposta alla libertà. In questa incapacità di coniugare libertà e giustizia sta al fondo il fallimento del tentativo novecentesco di transizione al socialismo. Noi che siamo nipoti della lotta partigiana – quante lapidi ci sono nel nostro paese su cui sta scritto “morto per la libertà” - abbiamo salutato positivamente la caduta del muro. Il socialismo senza la libertà semplicemente non è socialismo: è un tentativo di andare oltre il capitalismo che ha imboccato la strada sbagliata ed è abortito. Così non poteva andare avanti e così non si andava da nessuna parte. Senza libertà nessun socialismo. Giusto quindi picconare il muro e bene che il muro sia caduto; bene che i dirigenti della DDR abbiano scelto di non sparare, preferendo perdere il potere piuttosto che cercare di mantenerlo con una strage.

Nel mondo la caduta del muro è stata salutata come la vittoria della libertà sulla barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio per la storia del mondo basato sulla libertà e la cooperazione. Sappiamo che non è andata così. Gli stati Uniti hanno colto l’occasione della sconfitta del nemico storico per rilanciare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso da questo passaggio l’abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia, quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l’occasione per dire che eravamo alla fine della storia. Marx aveva speso la vita e scritto migliaia di pagine per dire che il capitalismo non era un fenomeno naturale ma bensì un modo di produzione storicamente determinato e quindi superabile. La caduta del muro è stata usata per “rinaturalizzare” il capitalismo, per affermare su scala globale che viviamo nel migliore dei mondi possibili; per affermare che essendo il capitalismo naturale, ogni tentativo di superarlo diventa un atto “contro natura” e in quanto tale barbarico. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da questo unico grande messaggio, trasmesso a reti unificate dal complesso dei mass media e da tutte le forme di produzione culturale, cioè di costruzione dell’immaginario individuale e collettivo, a partire dall’industria cinematografica. La caduta del muro è stato l’evento simbolico che ha permesso di costruire una grande narrazione che ha rilegittimato completamente il capitalismo. Kennedy non è più il presidente dell’escalation della guerra di aggressione al Viet Nam o l’aggressore di Cuba con l’avventura della Baia dei Porci. Kennedy è celebrato come il paladino della libertà e il suo discorso berlinese ne è il suggello. Dietro il paravento della libertà, sono riapparse, anche in occidente, incredibili differenze sociali e livelli di sfruttamento del lavoro che pensavamo seppelliti per sempre dopo le lotte degli anni ‘70. Nella vulgata la libertà d’impresa è diventata il presupposto della libertà dei popoli. Questa completa rilegittimazione del capitalismo ha un sapore mortifero di falsa coscienza: Che Israele costruisca muri per imporre l’apartheid in Palestina e che gli Stati Uniti costruiscano muri per impedire l’immigrazione dal Messico non fa più problema. Ogni muro è diventato lecito per l’impero del bene. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni maggiori che in altri paesi in virtù della proposta di Achille Occhetto – accolta dalla maggioranza del suo partito - di sciogliere il PCI in nome di questo nuovo inizio, appiattendo così tutta la storia del movimento comunista italiano sul fallimento del socialismo reale. La storia del nostro paese è stata integralmente riscritta, la lotta partigiana è stata denigrata nel suo valore simbolico di rinascita della nazione e così si è aperta la strada all’aggressione della Costituzione. La cancellazione della memoria del paese e la sua ricostruzione fatta dai vincitori ha sdoganato ideologie razziste e comportamenti xenofobi che pensavamo definitivamente finiti nella pattumiera della storia dopo la barbarie nazista.

Il fascismo, lungi dal presentarsi come una parentesi della storia patria, si evidenzia sempre più come una delle possibilità inscritte nel sovversivismo delle classi dirigenti di un paese che – come sottolineava Gramsci - non ha vissuto la riforma protestante e il cui risorgimento non è stato fenomeno di popolo ma di ristrette elite. La democrazia e la stessa costruzione di un etica pubblica in questo paese è concretamente il frutto delle lotte del movimento operaio, socialista e comunista. La loro disgregazione apre la strada a populismi di tutti i tipi, di destra come di sinistra.
In questo imbarbarimento del costume e dei rapporti sociali nel nostro paese e nel mondo vediamo confermata quotidianamente non solo la possibilità ma la necessità di battersi per superare il capitalismo.

In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto positivo e necessario, da festeggiare, ma non costituisce di per se un nuovo inizio per l’umanità. E’ stato anzi l’evento utilizzato per costruire un nuovo inizio e una nuova rilegittimazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della guerra. Mi pare che questa sia anche la consapevolezza dei compagni e delle compagne della Linke: nessuno propone di tornare a prima ma nella Germania riunificata occorre organizzarsi e lottare – all’Est come all’Ovest - contro il capitalismo e la guerra, per costruire un socialismo democratico.
Fuori da questa comprensione dialettica della positività della caduta del muro e della chiara consapevolezza che questo non segna nessun nuovo inizio, non esiste nessuna possibilità di porsi oggi il tema della trasformazione sociale e del superamento del capitalismo. Fuori da questa comprensione dialettica possiamo solo diventare anticomunisti o far finta che i regimi dell’Est non abbiano fallito nel tentativo di costruzione del socialismo. Il pentitismo e la nostalgia indulgente sono i rischi che abbiamo dinnanzi a noi: nella loro apparente opposizione rappresentano in realtà la completa negazione della possibilità di lottare per il socialismo, per una società di liberi e di eguali.

Da questa comprensione dialettica della caduta del muro scaturisce la nostra scelta della rifondazione comunista.
Dopo il fallimento del tentativo di fuoriuscita dal capitalismo che ha dato luogo ai regimi dell’Est non basta definirsi comunisti: occorre porsi l’obiettivo teorico, politico ed etico della rifondazione del comunismo e dell’antropologia dei comunisti e delle comuniste. L’obiettivo cioè di superare il capitalismo coniugando libertà e giustizia. L’utilizzo di due parole – rifondazione comunista - anziché una per definirci non è un lusso o una complicazione: è il modo più corretto per esprimere oggi il nostro progetto politico, in cui sappiamo dove vogliamo andare e sappiamo cosa non dobbiamo rifare. Il comunismo dopo il novecento è uscito dalla fase dell’innocenza. Compito nostro è farlo diventare adulto ed è un compito per cui val la pena spendere la vita.

Temi: interventi | 33 Commenti »

RENDITE FINANZIARIE, OTTIMA LA PROPOSTA BROWN. FARLO ANCHE IN ITALIA.

Novembre 7, 2009

Il primo ministro inglese Brown propone di tassare le rendite finanziarie per “rendere le banche più responsabili”. Proporre una misura del genere in Italia equivale a essere presi per pazzi oppure, appunto, per comunisti, quando invece è molto chiaro che solo una misura del genere, insieme all’introduzione della patrimoniale e ad un sistema di imposte veramente progressive sui redditi, sarebbe davvero utile per reperire risorse, finanziare lo Stato sociale e combattere le diseguaglianze sempre più evidenti all’interno della nostra società.

Temi: blog, comunicati stampa | 2 Commenti »

PD, AUGURI DI BUON LAVORO A BERSANI E BINDI.

Novembre 7, 2009

Faccio i migliori auguri di buon lavoro al neo-eletto segretario del Pd Pierluigi Bersani, alla sua segreteria, al suo staff e alla neo eletta presidente del Pd Rosy Bindi.

Temi: blog, comunicati stampa | 6 Commenti »

ACQUA, PARLAMENTO RITIRI DECRETO SULLA PRIVATIZZAZIONE ACQUA BENE PUBBLICO IMPRESCINDIBILE. PRC IN PRIMA FILA IN LOTTE IN SUA DIFESA

Novembre 7, 2009

Come Rifondazione comunista aderiamo pienamente all’appello lanciato dal Forum italliano dei movimenti per l’acqua che ha chiesto al Parlamento italiano di ritirare il decreto, approvato l’altro giorno dal Senato della Repubblica, di conversione in legge dell’articolo 15 del decreto legge 135, decreto con il quale si privatizza l’acqua in tutt’Italia.

La difesa dell’acqua come bene comune è stata una delle batrtaglie caratterizzanti la storia di Rifondazione comunista. La scelta del Senato di privatizzare l’acqua, scelta passata anche con i voti del Pd, oltre ad essere sbagliata e pericolosa in quanto fa diventare un bene essenziale e comune a tutti i cittadini un privilegio e profitto per pochi, è anche in controtendenza verso scelte che altri Paesi che precedentemente avevano optato per la strada della privatizzazione dell’acqua, oggi sono tornati sui propri passi e stanno ripubblicizzando i servizi idrici, come avviene nella città di Parigi, che entro il 2010 opererà la ripubblicizzazione dell’intero sistema idrico della capitale francese.

Rifondazione comunista sarà presente in tutte le mobilitazioni in difesa dell’acqua pubblica e chiederà a tutti i propri eletti negli enti locali di impegnarsi a sostenere la difesa dell’acqua come bene comune e bene pubblico. Il Prc s’impegna a far diventare il tema dell’acqua pubblica uno dei temi forti della manifestazione del prossimo 5 dicembre, il No Berlusconi Day.

postato da: prcpergine alle ore 15:32 | link | commenti
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Il muro e noi

Novembre 8, 2009

editoriale da Liberazione di domenica 8 e lunedì 9 novembre 2009

Il 9 novembre, 20 anni fa, cadeva il muro di Berlino. In quell’elemento simbolico è racchiusa la fine di un regime socialista in cui – nella migliore delle ipotesi - la giustizia sociale era contrapposta alla libertà. In questa incapacità di coniugare libertà e giustizia sta al fondo il fallimento del tentativo novecentesco di transizione al socialismo. Noi che siamo nipoti della lotta partigiana – quante lapidi ci sono nel nostro paese su cui sta scritto “morto per la libertà” - abbiamo salutato positivamente la caduta del muro. Il socialismo senza la libertà semplicemente non è socialismo: è un tentativo di andare oltre il capitalismo che ha imboccato la strada sbagliata ed è abortito. Così non poteva andare avanti e così non si andava da nessuna parte. Senza libertà nessun socialismo. Giusto quindi picconare il muro e bene che il muro sia caduto; bene che i dirigenti della DDR abbiano scelto di non sparare, preferendo perdere il potere piuttosto che cercare di mantenerlo con una strage.

Nel mondo la caduta del muro è stata salutata come la vittoria della libertà sulla barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio per la storia del mondo basato sulla libertà e la cooperazione. Sappiamo che non è andata così. Gli stati Uniti hanno colto l’occasione della sconfitta del nemico storico per rilanciare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso da questo passaggio l’abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia, quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l’occasione per dire che eravamo alla fine della storia. Marx aveva speso la vita e scritto migliaia di pagine per dire che il capitalismo non era un fenomeno naturale ma bensì un modo di produzione storicamente determinato e quindi superabile. La caduta del muro è stata usata per “rinaturalizzare” il capitalismo, per affermare su scala globale che viviamo nel migliore dei mondi possibili; per affermare che essendo il capitalismo naturale, ogni tentativo di superarlo diventa un atto “contro natura” e in quanto tale barbarico. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da questo unico grande messaggio, trasmesso a reti unificate dal complesso dei mass media e da tutte le forme di produzione culturale, cioè di costruzione dell’immaginario individuale e collettivo, a partire dall’industria cinematografica. La caduta del muro è stato l’evento simbolico che ha permesso di costruire una grande narrazione che ha rilegittimato completamente il capitalismo. Kennedy non è più il presidente dell’escalation della guerra di aggressione al Viet Nam o l’aggressore di Cuba con l’avventura della Baia dei Porci. Kennedy è celebrato come il paladino della libertà e il suo discorso berlinese ne è il suggello. Dietro il paravento della libertà, sono riapparse, anche in occidente, incredibili differenze sociali e livelli di sfruttamento del lavoro che pensavamo seppelliti per sempre dopo le lotte degli anni ‘70. Nella vulgata la libertà d’impresa è diventata il presupposto della libertà dei popoli. Questa completa rilegittimazione del capitalismo ha un sapore mortifero di falsa coscienza: Che Israele costruisca muri per imporre l’apartheid in Palestina e che gli Stati Uniti costruiscano muri per impedire l’immigrazione dal Messico non fa più problema. Ogni muro è diventato lecito per l’impero del bene. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni maggiori che in altri paesi in virtù della proposta di Achille Occhetto – accolta dalla maggioranza del suo partito - di sciogliere il PCI in nome di questo nuovo inizio, appiattendo così tutta la storia del movimento comunista italiano sul fallimento del socialismo reale. La storia del nostro paese è stata integralmente riscritta, la lotta partigiana è stata denigrata nel suo valore simbolico di rinascita della nazione e così si è aperta la strada all’aggressione della Costituzione. La cancellazione della memoria del paese e la sua ricostruzione fatta dai vincitori ha sdoganato ideologie razziste e comportamenti xenofobi che pensavamo definitivamente finiti nella pattumiera della storia dopo la barbarie nazista.

Il fascismo, lungi dal presentarsi come una parentesi della storia patria, si evidenzia sempre più come una delle possibilità inscritte nel sovversivismo delle classi dirigenti di un paese che – come sottolineava Gramsci - non ha vissuto la riforma protestante e il cui risorgimento non è stato fenomeno di popolo ma di ristrette elite. La democrazia e la stessa costruzione di un etica pubblica in questo paese è concretamente il frutto delle lotte del movimento operaio, socialista e comunista. La loro disgregazione apre la strada a populismi di tutti i tipi, di destra come di sinistra.
In questo imbarbarimento del costume e dei rapporti sociali nel nostro paese e nel mondo vediamo confermata quotidianamente non solo la possibilità ma la necessità di battersi per superare il capitalismo.

In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto positivo e necessario, da festeggiare, ma non costituisce di per se un nuovo inizio per l’umanità. E’ stato anzi l’evento utilizzato per costruire un nuovo inizio e una nuova rilegittimazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e della guerra. Mi pare che questa sia anche la consapevolezza dei compagni e delle compagne della Linke: nessuno propone di tornare a prima ma nella Germania riunificata occorre organizzarsi e lottare – all’Est come all’Ovest - contro il capitalismo e la guerra, per costruire un socialismo democratico.
Fuori da questa comprensione dialettica della positività della caduta del muro e della chiara consapevolezza che questo non segna nessun nuovo inizio, non esiste nessuna possibilità di porsi oggi il tema della trasformazione sociale e del superamento del capitalismo. Fuori da questa comprensione dialettica possiamo solo diventare anticomunisti o far finta che i regimi dell’Est non abbiano fallito nel tentativo di costruzione del socialismo. Il pentitismo e la nostalgia indulgente sono i rischi che abbiamo dinnanzi a noi: nella loro apparente opposizione rappresentano in realtà la completa negazione della possibilità di lottare per il socialismo, per una società di liberi e di eguali.

Da questa comprensione dialettica della caduta del muro scaturisce la nostra scelta della rifondazione comunista.
Dopo il fallimento del tentativo di fuoriuscita dal capitalismo che ha dato luogo ai regimi dell’Est non basta definirsi comunisti: occorre porsi l’obiettivo teorico, politico ed etico della rifondazione del comunismo e dell’antropologia dei comunisti e delle comuniste. L’obiettivo cioè di superare il capitalismo coniugando libertà e giustizia. L’utilizzo di due parole – rifondazione comunista - anziché una per definirci non è un lusso o una complicazione: è il modo più corretto per esprimere oggi il nostro progetto politico, in cui sappiamo dove vogliamo andare e sappiamo cosa non dobbiamo rifare. Il comunismo dopo il novecento è uscito dalla fase dell’innocenza. Compito nostro è farlo diventare adulto ed è un compito per cui val la pena spendere la vita.

Muro di Berlino, Il muro era da picconare ed è giusto che sia caduto ma i potenti che festeggiano hanno usato la sua caduta per aumentare le ingiustizia sociali.

Novembre 9, 2009

Il muro di Berlino era da picconare ed è giusto che sia caduto ma i potenti che stanno festeggiando hanno utilizzato in questi vent’anni la caduta del muro non certo a favore della libertà e della giustizia sociale. I potenti hanno usato la caduta del muro come simbolo per affermare il loro strapotere, aprendo una stagione di guerre e aumentando a dismisura lo sfruttamento dei popoli. La stessa crisi economica che stiamo vivendo è il frutto di quel capitalismo liberista che ci ha ammorbato in questi venti anni.

Festeggiamo quindi la caduta del muro non per glorificare il capitalismo, che tanti danni ha fatto e sta facendo, ma per rilanciare con più forza la lotta per la libertà e la giustizia. Vogliamo rifondare il comunismo a partire dalla centralità del tema della libertà perché siamo convinti che il socialismo senza la libertà non sia socialismo. Vogliamo rifondare il comunismo perché oggi più che mai c’è bisogno di dare una speranza a chi sta subendo le ingiustizie del sistema, c’è bisogno di un socialismo da costruire nel pieno rispetto della libertà, della democrazia, dell’ambiente.

postato da: prcpergine alle ore 15:23 | link | commenti
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giovedì, 29 ottobre 2009

CAVE DEL PORFIDO:
UN MANIFESTO CONTRO I LICENZIAMENTI
Una firma e 1 euro di solidarietà
Con i lavoratori immigrati e no licenziati dalla crisi dei “padroni”
Sabato 31 0ttobre 2009
piazza Municipio – angolo via Crivelli
Pergine Valsugana ore 10 - 13
Da un anno si susseguono i licenziamenti di lavoratori del porfido ed i più colpiti, fino ad ora, sono stati gli operai extracomunitari, con conseguenze pesanti anche per le loro famiglie. Pensiamo sia giunto il momento di rompere il silenzio e dar voce alla giusta indignazione verso comportamenti socialmente irresponsabili. Non è accettabile che si cancellino in un anno quasi 200 posti di lavoro senza aprire un confronto serio con i lavoratori e le loro Organizzazioni sindacali. Nemmeno il silenzio degli amministratori locali è accettabile, essendo infatti il porfido una risorsa di proprietà collettiva sarebbe doveroso un loro intervento a tutela del diritto al lavoro. Un diritto che vale per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori extracomunitari che, come gli emigranti italiani un tempo, hanno affrontato lo sradicamento dai loro Paesi ed il difficile inserimento nelle comunità locali per dare un futuro dignitoso ai propri figli.
CAVE DEL PORFIDO:
UN MANIFESTO CONTRO I LICENZIAMENTI
Da un anno si susseguono i licenziamenti di lavoratori del porfido ed i più colpiti, fino ad ora, sono stati gli operai extracomunitari, con conseguenze pesanti anche per le loro famiglie. Pensiamo sia giunto il momento di rompere il silenzio e dar voce alla giusta indignazione verso comportamenti socialmente irresponsabili. Non è accettabile che si cancellino in un anno quasi 200 posti di lavoro senza aprire un confronto serio con i lavoratori e le loro Organizzazioni sindacali. Nemmeno il silenzio degli amministratori locali è accettabile, essendo infatti il porfido una risosrsa di proprietà collettiva sarebbe doveroso un loro intervento a tutela del diritto al lavoro. Un diritto che vale per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori extracomunitari che, come gli emigranti italiani un tempo, hanno affrontato lo sradicamento dai loro Paesi ed il difficile inserimento nelle comunità locali per dare un futuro dignitoso ai propri figli.
Facciamo pertanto appello agli operai italiani affinchè respingano la propaganda xenofoba e razzista o la diffidenza nei confronti dei loro compagni di lavoro non italiani, una propaganda volta a dividere e con ciò ad indebolire i lavoratori.
Rivolgiamo il nostro appello anche alle Organizzazioni Sindacali affinchè abbandonino la strada fin qui seguita della risposta individuale ai licenziamenti e, confrontandosi con i lavoratori, cerchino di impostare una battaglia collettiva per impedire l'espulsione di altri operai e far rientrare per quanto possibile i licenziamenti già effettuati.
Ci appelliamo anche agli imprenditori affinchè si assumano la loro parte di responsabilità sociale, evitando di trattare i lavoratori come semplici numeri per cercare di vedere le persone e le loro famiglie. Chiediamo pertanto alle imprese di assumersi, a maggior ragione in questo difficile momento, la propria parte di responsabilità sociale aprendo una trattativa con i lavoratori e le loro Organizzazioni Sindacali.
Vogliamo testimoniare infine la nostra vicinanza agli operai licenziati ed alle loro famiglie, con particolare attenzione per i lavoratori extracomunitari, penalizzati da una legislazione sull'immigrazione che li rende deboli e ricattabili.
Per questo invitiamo tutte le persone che condividono questa nostra iniziativa a sottofirmare il presente appello versando almeno 1 euro per contribuire alle spese del Comitato e costituire un fondo a sostegno delle famiglie colpite dai licenziamenti.
A tutti vogliamo ricordare che una persona degna non può dormire tranquilla mentre il suo vicino di casa è affamato!
Per superare la rassegnazione proponiamo di impegnarci per i seguenti tre obiettivi concreti:
1) Riunire tutti i lavoratori del porfido licenziati, raccogliere i dati relativi alla situazione di ognuno e valutare i casi di maggiore disagio sia sotto il profilo economico che dal punto di vista delle difficoltà relative ai permessi di soggiorno. Questo al fine di poter individuare i provvedimenti urgenti necessari ad alleviare i disagi e a superare le difficoltà.
Per quanto riguarda le difficoltà di tipo economico si potrebbe proporre la costituzione di un fondo di solidarietà, finanziato anche con le entrate relative ai canoni di concessione e quindi con la partecipazione della P.A.T. e delle amministrazioni locali.
In secondo luogo si potrebbero concordare con l’Ente pubblico percorsi preferenziali per l’accesso temporaneo a posti di lavoro alternativi, ferma restando la necessità di concordare con le parti il reinserimento dei lavoratori nel settore del porfido.
Per quanto riguarda invece le eventuali difficoltà sul versante del rinnovo dei permessi di soggiorno (che spesso arrivano troppo tardi, già scaduti e ciò aggrava ulteriormente la situazione), con particolare riguardo alle famiglie, potrebbe rendersi necessaria l’individuazione di provvedimenti temporanei ed urgenti, quali deroghe specifiche, da concordare con la Questura e la Provincia.
Tutto questo anche al fine di evitare situazioni di indigenza ed ulteriore emarginazione, il lavoro nero, la decadenza dei permessi di soggiorno, la clandestinità o un secondo, drammatico sradicamento per queste famiglie.
2) Per quanto riguarda i lavoratori prossimi alla pensione che dovessero essere licenziati occorre concordare un percorso occupazionale alternativo che li accompagni all’età pensionabile. Vanno anche valutati provvedimenti di prepensionamento, tenuto conto anche del lavoro usurante, i cui oneri devono essere però a carico delle Aziende.
3) Convocare tutte le parti interessate, a partire dagli imprenditori e loro Associazioni (industriali, artigiani), l’Amministrazione provinciale e le Amministrazioni locali (Comuni ed ASUC), ad un tavolo di trattativa con i lavoratori e le loro Organizzazioni Sindacali al fine di:
a) definire la situazione attuale e le prospettive future del settore del porfido;
b) individuare i provvedimenti più adeguati (riduzione dell’orario, Cassa integrazione) per far fronte alle situazioni più gravi determinatesi con la crisi, al fine di evitare ulteriori licenziamenti;
c) elaborare un piano di intervento complessivo che consenta una ristrutturazione del settore sulla base della responsabilità sociale dell’Impresa e quindi rispettosa degli interessi collettivi, senza ricorrere ad ulteriori tagli occupazionali;
d) elaborare un piano di rientro dei licenziamenti effettuati.
Comitato in Solidarietà con i Lavoratori del Porfido Licenziati
Lases, 9 luglio 2009

nome e cognome
Comune o Paese di provenienza
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postato da: prcpergine alle ore 11:57 | link | commenti
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giovedì, 20 agosto 2009

Mozione Lega Nord

“anti sbandati”

Consiglio comunale del 24 agosto 2009.

Comunicato del Circolo PRC della Valsugana “Ora e Veglia”

Non possiamo negare che il clima sia quello della caccia agli untori di manzoniana memoria. Nei momenti di crisi i responsabili se la sono sempre cavata mettendo gli uni contro gli altri , chiaramente i poveracci, meglio se nostrani contro “foresti”.

Il pacchetto sicurezza del governo approvato recentemente lascia la strada libera a qualsiasi sindaco di fare ciò che preferisce al posto di ciò che è necessario.

Quindi via alla fantasia dal vietare il kebab al fazzoletto mussulmano delle donne.

Chi ha più “idee” può partecipare a questo circo mediatico.

Noi pensiamo che la mozione posto dalla Lega Nord di Pergine faccia parte di questo circo.

Certo la realtà di persone invadenti e moleste esiste come in tutte le situazioni della vita umana ma pensare alla bacchetta magica dell’ordinanza per risolvere il tutto è pura follia.

Ci sono attualmente tutte le condizioni per controllare tale fenomeno in parte anche organizzato, non saremo certo noi che viviamo la realtà a negare il fatto.

Ma dal controllo all’epurazione ne passa di strada: e quanto toccherà a noi sbandati di sinistra che insistiamo a dire che i problemi sono il lavoro, la casa e lo spreco delle spese militari entrare nel mirino?

E quando gli immigrati nostri concittadini subentreranno agli “sbandati non meglio identificati” il vero target dei leghisti nostrani?

Ma la povertà non sono solo gli accattoni invadenti è anche il “trentino doc” anche ricco che non trova posto nelle case di riposo e RSA per belle e domotiche che siano con dolorose ricadute familiari. Ricordiamolo.

Con i poveri che sono miliardi nel mondo le casacche gialle delle cosiddette ronde sono inutili…possono solo gracchiare nel proprio salotto.

Rimpiangiamo ( ci costa ma siamo persone serie ) un pezzo dell’ordinanza del Sindaco di Borgo Valsugana Dalledonne che dice una volta identificati e multati gli accattoni “ il nominativo sarà comunicato all’Ufficio relazioni con il pubblico del Comune, perché se territorialmente competente, si porti a conoscenza del fatto il Servizio di assistenza sociale del Comprensorio della Bassa Valsugana e Tesino affinché possa attuare interventi assistenziali.”

Citiamo Dalledonne perché pur di centro destra si rende conto che il problema non si risolve spostando le persone da un confine all’altro e parla di servizi sociali che anche nel ricco trentino vivono di precarietà

La Lega Nord di Pergine invece mastica la “rosa camusa” e questa porta solo a stati di allucinazioni sensoriale che loro chiamano “politica”.

Auguri a tutti voi.

Il segretario del Circolo Prc Paolo Vitti

Gruppo Consigliare Lega Nord Trentino



ILL.MO

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

FACCHINI GIUSEPPE


PIAZZA MUNICIPIO


Pergine,01/08 /2009


MOZIONE N.


ORDINANZA “ANTI SBANDATI” ANCHE A PERGINE

Premesso che :


In tutte le realtà dove è stata adottata, “l'ordinanza antisbandati” ha sempre dato ottimi risultati,con un drastico calo della presenza di soggetti indesiderati nel tessuto urbano dediti alla questua, accattonaggio, sfruttamento di minori, ecc., oltre ad una considerevole riduzione dei reati contro il patrimonio e le persone catalogati come “microcriminalità”. Oltre che in realtà di fuori regione, l'ordinanza ha dato ottimi frutti anche nel Comune di Borgo Valsugana, dove nel giro di sole due settimane sono pressochè scomparsi tutti quegli sbandati che assillavano la popolazione locale con richieste insistenti di denaro lungo le piazze e pubbliche vie. Ciò con soddisfazione dell'Amministrazione Comunale e dei residenti.

In considerazione che anche Pergine soffre della presenza spesso molesta di accattoni, vagabondi e zingari e stante che la recente legge “Maroni” ha concesso ai Sindaci precisi poteri e podestà in merito, crediamo doveroso che anche la nostra municipalità si dia gli stessi efficaci strumenti già sperimentati altrove, al fine di consentire una migliore sicurezza e vivibilità urbana ai residenti,anche, per non penalizzare ingiustamente un territorio dall'altro distanti tra loro solo poche decine di chilometri.


Tutto ciò premesso

Si impegna la Giunta e il Consiglio Comunale




1 di adottare sul proprio territorio comunale un'ordinanza che vieti lungo strade e pubbliche piazze l'acccattonaggio e la questua, l'esposizione di minorenni e/o di animali per indurre compassione, l'esibizione di menomazioni fisiche,ecc. Al fine di indurre alla carità, colpendo tutti coloro che dovessero violare l'ordinanza con sanzioni pecuniarie esemplari e l'immediato allontanamento con la forza pubblica dal territorio





Cons. Tiziana Frisanco Cons. Donata Soppelsa

Foto dalla campagna di Migra per i diritti dei migranti

Numerose associazioni trentine invitano ad aderire all'appello online "Pacchetto (in)sicurezza? Noi disobbediamo!" (vedi il testo sotto) che chiede ai referenti politici "sostanziali modifiche alla legge appena approvata", di "non permettere il sorgere di alcuna associazione volontaria per la sicurezza" e "favorire le iniziative di relazione e integrazione"; ai pubblici ufficiali di "praticare la disobbedienza civile non denunciando lo straniero irregolare" e alla cittadinanza di "sostenere tutte le iniziative di accoglienza, solidarietà e tutela dei diritti fondamentali di ogni persona".

APPELLO: "PACCHETTO (IN)SICUREZZA? NOI DISOBBEDIAMO!"

“Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. (Don Lorenzo Milani)

Il "Pacchetto sicurezza" (il testo) approvato in via definitiva dal Parlamento rende la nazione più insicura introducendo la discriminazione tra persone in base alla distinzione di condizioni personali e sociali. Ciò è in contrasto con l’art. 3 della Costituzione Italiana.

La legge:

  • Decreta il reato di clandestinità. Chi cerca futuro o pane non è, di per se, un potenziale delinquente. Con questa norma incorre in reato lo straniero che perde il lavoro ed entro sei mesi non riesce a trovarne un altro; l’assistente domiciliare o colf che da mesi assiste i nostri anziani; i minori figli di immigrati irregolari; molti lavoratori del settore agricolo e turistico; … sono tutti da punire penalmente? E che fine farà tutto il lavoro svolto in questi anni per armonizzare il diritto con l’accoglienza per promuovere l’integrazione?
  • Riconosce le associazioni “di volontari per la sicurezza” (ronde). E' preoccupante la delega a privati cittadini di compiti che sono propri delle forze dell’ordine, alimentando, in maniera perversa, un clima di diffidenza e insicurezza. Ritorniamo ad abitare i nostri territori, le strade e le piazze, re-imparando a relazionare: dal “buon vicinato” sino alla solidarietà quotidiana.
  • Obbliga i pubblici ufficiali alla denuncia. Le istituzioni pubbliche da garanti dei diritti fondamentali diventano persecutorie. E’ alto il rischio di fuga e paura verso i servizi pubblici fondamentali quali scuola, sanità, servizi sociali. Questo potrebbe portare al diffondersi di organizzazioni criminose che attendono a queste necessità.
  • Istituisce un albo per i clochards e i senza dimora, stigmatizzando così una categoria di persone già debole e senza difese. Questo provvedimento toglie possibilità all’iniziativa degli Enti Locali di gestire situazioni e casi con sensibilità e buon senso.

CHIEDIAMO:

Ai nostri referenti politici:

  • Sostanziali modifiche alla legge appena approvata e non solo a favore di colf e badanti;
  • Non permettere il sorgere di alcuna associazione volontaria per la sicurezza;
  • Favorire le iniziative di relazione e integrazione in nome della tutela dei diritti umani;
  • Di indagare sul destino delle persone rimpatriate.

Ai pubblici ufficiali:

  • Praticare la disobbedienza civile non denunciando lo straniero irregolare.

Alla cittadinanza:

  • Sottoscrivere e fare sottoscrivere il presente appello;
  • Sostenere tutte le iniziative di accoglienza, solidarietà e tutela dei diritti fondamentali di ogni persona

Questo appello sottoscrivibile al seguente indirizzo di www.vitatrentina.it o inviando una e-mail a partner@unimondo.org

Il presente appello è promosso da: Punto d’incontro, CNCA Trentino, Fondazione Comunità Solidale, ACLI Trentine, ATAS, CGIL del Trentino, Volontari di strada, Unimondo, Fondazione Migrantes, Caritas Diocesana di Trento, APAS, Villa S. Ignazio, GRIS, Centro Missionario Diocesano di Trento, Comunità di San Francesco Saverio, Mensa della provvidenza Frati Cappuccini, Casa della Giovane, Fiopsd, Commissione Giustizia e Pace Diocesi di Trento, Pastorale Sociale del Lavoro Diocesi di Trento.

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mercoledì, 19 agosto 2009

La casa Itea e il problema della signora Antonia Gottardi di Pergine Valsugana

Abbiamo letto domenica 9 agosto 2009 in cronaca di Pergine Valsugana l’intervista del quotidiano L’Adige alla signora Antonia Gottardi inquilina Itea.

Dobbiamo dire che la storia ci ha lasciato molto perplessi e quindi ci permettiamo di rivolgersi a lei per esprimere delle nostre riflessioni in merito ma anche per avere opportune delucidazioni e chiarimenti se necessarie.

Il “caso” della signora Antonia Gottardi di Pergine lavoratrice con due figli a lavoro precario, che si trova con un preavviso di sfratto perché “supera” il reddito per rimanere nella casa Itea nella quale risiede da 22 anni, la dice lunga sulla socialità della burocrazia locale.

Burocrazia che con la motivazione di “fare posto” a chi ha bisogno di casa di fatto crea ulteriori emergenze abitative a chi si ritrova “ricco” (sic! ) per i parametri dei burocrati ma non per la realtà del mercato immobiliare.

Che fa Itea? Trova alloggio a chi ha bisogno o si limita ad una operazione di facciata muovendo gli inquilini come pedine tipo fuori uno dentro l’altro?

Il diritto alla casa è storia vecchia, una conquista dei lavoratori che con i loro contributi creavano un mercato sociale della casa mentre oggi appare sempre più una grottesca finanziaria che svende appartamenti a privati ( i quali poi ci mettono chiunque con rischi di convivenza sociale ) mentre dall’altra non riesce a trovare una strada che sia calmiere per i prezzi del bisogno abitativo lasciando mano libera ai privati costruttori. Certo abbiamo anche un gioco delle parti: Itea che ha i soldi ( dei lavoratori ) non ha le aree ( i comuni non le trovano ) e quindi si acquista da costruttori sempre disponibili a vendere anche l’eventuale invenduto.

Itea ha una vasta e lunga storia storia e grosse potenzialità, ci mancherebbe altro lo riconosciamo, ma proprio per questo pensiamo sia possibile risolvere razionalmente il “caso” della signora Gottardi e i molti casi analoghi sparsi in provincia.

In maniera semplice e logica: chi sfora il reddito non è un evasore da additare e eliminare ma un “utente” che può contribuire in maniera diversa con il proprio affitto semplicemente pagando un po’ di più.

Fra pagare un affitto maggiorato e mettere in strada una famiglia che “sfora” pensiamo ci sia una bella differenza.

Quella differenza che la burocrazia sembra non cogliere vuoi per pigrizia o perché tanto il problema è altrui.

Come ci si ostina a non dare opportune agevolazioni a quei proprietari di case che le affittano in modo regolare.

Come Rifondazione chiediamo quindi non solo a Itea ma alle forze politiche di considerare l’elasticità nell’equità reale e non modulistica da applicare in casi come questi, dove si entra se i figli sono piccoli ma se cominciano a lavorare si butta sulla strada la famiglia intera.

Chiediamo quindi di essere solidali con la signora Antonia Gottardi perchè le venga riconosciuto il diritto ad una abitazione anche con eventuali modifiche contrattuali che salvaguardino tale diritto.

Chiediamo inoltre di considerare il tutto come una “questione sociale” da risolvere evitando le scorciatoie tipo ordine pubblico: sarebbe un grosso errore

Franco Porta Segretario provinciale PRC

Paolo Vitti Segretario del circolo PRC

Trento-Pergine Valsugana 18 agosto 2009

L'ARTICOLO COMPARSA SULL'ADIGE IL 9 AGOSTO 2009

PERGINE - Deve abbandonare il suo alloggio Itea nonostante lo abiti da 22 anni, dal primo aprile 1987 abbia un reddito assai basso, abbia sempre pagato regolarmente il canone e le spese all’Istituto. E nonostante ci abiti con due dei suoi tre figli, lavoratori precari. Antonia Gottardi ha il solo «torto» di aver onestamente dichiarato fino al centesimo quanto prevede la normativa provinciale sull’Icef, il suo basso reddito e quello dei figli, con reddito inferiore al suo. Ha dichiarato perfino gli spiccioli che ha sul suo deposito bancario. Risultato: ha superato la soglia Icef per uno zero virgola ed ha ricevuto la lettera con la quale le viene revocato l’uso dell’alloggio Itea.
«Da quando ho ricevuto quella lettera - racconta - non dormo più la notte».
La signora abita in via Le Fornaci dal primo aprile 1987. E’ tra le quaranta persone dell’alta Valsugana alle quali è stata spedita dal Comprensorio la revoca. E’ del luglio scorso, ma nel frattempo lei ha cercato le soluzioni possibili, «ma non ne ho trovate». S’è recata presso una banca a chiedere un prestito per acquistare un alloggio, ma le è stato rifiutato, racconta: «m’hanno detto che sono vecchia, ho 54 anni». Ha cercato appartamenti in affitto, ma il minimo che le è stato richiesto s’aggira sui 600 euro mensili. Ne riceve poco più di 1.000 lavorando presso la casa di riposo cittadina come Osa «e riesco a farcela barcamenandomi con un fido che una banca mi garantisce, sono spesso sotto. Un funzionario pubblico m’ha perfino consigliato di far uscire un figlio dall’appartamento, in modo da non superare la soglia Icef. A questo punto siamo arrivati. Ma i miei figli hanno lavro precario, non hanno il denaro per pagare affitto altrove». La signora, veneta d’origine, è in Trentino dal 1984 ed i città da lustri. Nei primi anni s’era adattata ad ogni tipo di lavoro senza lamentarsi se superava le 10 o le 12 ore giornaliere per far crescere i figli, l’hanno aiutata delle famiglie caritatevoli ed organizzazioni cattoliche, ha goduto del minimo vitale pubblico. Poi è riuscita ad entrare in casa di riposo, dove lavora tutt’ora. Si sposta in bicicletta, ha rinunciato, giocoforza, ad acquistare un’automobile.
«Non posso pesare certo sui miei figli. Spero solamente che la Provincia di Trento si ravveda, perché so che nella mia situazione si trovano molte persone che abitano in alloggi pubblici. Io ho lavorato sodo ed onestamente per tutta la vita. Per tanto tempo funzionari Itea mi dicevano che avrei potuto riscattare l’alloggio ed io m’ero illusa, avrei potuto chiedere un prestito alla banca, anni fa. Quello che ora m’è negato. Io desidero restare nel mio appartamento, quei muri raccontano la mia vita».
Lei spera, ma in questi tempi la legge che tenta di stanare i furbi finisce per diventare implacabile con i poveri.
M.A.
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giovedì, 04 giugno 2009

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